Il valore aggiunto di agricoltura, silvicoltura e pesca l’anno scorso è cresciuto in Italia (da 31 è passato a 33 miliardi di euro). La stessa cosa è accaduta in Liguria, che sembra finalmente uscire da una profonda crisi: dai 636 milioni del 2000 si era arrivati ai 434 milioni del 2014, mentre nel 2015 si è risaliti a 455 milioni di euro.
Il dato è importante perché l’Istat lo usa per misurare la crescita del sistema economico in termini di nuovi beni e servizi disponibili per gli impieghi finali: si tratta del valore aggiunto a prezzi base ed è dato dal valore della produzione meno il valore dei consumi intermedi (per esempio le spese per mangimi o concimazioni).
«I dati della Liguria sono in linea con il segno positivo che registra l’Italia nel suo complesso, insieme ai Paesi del Sud Europa – dice Fabio Rotta, coordinatore regionale Centri di assistenza agricola Coldiretti – l’incremento del valore aggiunto fa ben sperare per una ripresa del settore che avrebbe potuto essere maggiore se non ostacolata dal blocco dei contributi comunitari per il miglioramento delle strutture, contributi rappresentati dal Piano di Sviluppo Rurale».
Di migliorativo per la Liguria e in controtendenza con il dato nazionale, Rotta evidenzia il dato dei servizi secondari (agriturismo sociale, fattorie didattiche) che ha un buon segno positivo e che rappresenta una fonte di integrazione importante del reddito agricolo.
In Europa, lo confermano i dati Istat, il reddito agricolo sta diminuendo nei Paesi del Nord, ossia dove l’agricoltura è stata sviluppata con criteri industriali e dove non è possibile convertire la produzione in modo flessibile. «Nel Sud dell’Europa, dove c’è stata maggiore attenzione per la tutela delle tipicità – aggiunge Rotta – invece questo non sta succedendo, i piccoli volumi paradossalmente si stanno rivelando vincenti, insieme al valore della produzione dei prodotti trasformati rispetto a quelli prodotti».
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