Il Comune di Genova ha bandito l’utilizzo di diserbante al glisofato, rinunciando temporaneamente all’eliminazione del proliferare di vegetazione spontanea allergenica in cambio di una maggiore tutela della salute umana.
Nei punti monitorati delle acque italiane, sia in quelle superficiali sono in aumnetpo in pesticidi e secondo l’Ispra fra le sostanze rilevate più spesso c’è il glifosato, insieme al suo prodotto di decadimento, l’Ampa. La conoscenza del glisofato è stata sdoganata al grande pubblico qualche settimana fa, quando dalla Germania è arrivata la notizia della presunta ‘birra al glisofato’. Alcune marche di birra, tra le più note, sono risultate contenere il composto. L’analisi è stata fatta dall’Istituto per l’ambiente di Monaco su 14 “bionde” nelle quali è stato trovato l’erbicida, derivante dalla lavorazione del malto d’orzo: i livelli registrati oscillano fra 0,46 e 29,74 microgrammi per litro. Per la birra non esiste un limite di legge, ma il glifosato è stato classificato come “probabile cancerogeno per l’uomo” dallo IARC di Lione – International Agency for Research on Cancer. Poprio per il timore dei Danni sulla salute umana, il Comune di Genova ha quindi deciso di vietare l’utilizzo di diserbante al glisofato.
«Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che si basa su studi tossicologici – spiega Luca Medini, direttore di Labcam srl, il laboratorio chimico merceologico con sede ad Albenga – possono essere ammessi 0,9 milligrammi per litro di glifosato nell’acqua potabile. E l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha calcolato la “dose acuta di riferimento”, ovvero la quantità massima giornaliera che si può assumere senza correre rischi per la salute: 0,5 milligrammi per chilo di peso al giorno. Questi valori di riferimento vengono sempre calcolati usando la massima prudenza – precisa Medini – un uomo adulto di 60 chili, potrebbe assumere circa 30 milligrammi di glifosato nell’arco di un giorno senza correre rischi. E 30 milligrammi corrispondono a 29,74 microgrammi moltiplicati per mille».
Labcam srl ha di recente stipulato una partnership con Aeiforia srl, uno spinn-off universitario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza che si propone come piattaforma permanente per la valorizzazione dei risultati provenienti dalla ricerca nel settore chimico-agrario, agronomico, ambientale ed eco-tossicologico. «I prodotti fitosanitari o fitofarmaci usati in agricoltura – spiega Medini – sono tutti quei prodotti chimici, di sintesi o naturali, che vengono utilizzati per combattere le principali avversità delle piante quali malattie causate da funghi, batteri o virus, insetti o acari ed erbe infestanti». Un prodotto fitosanitario è costituito da uno o più principi attivi che producono l’effetto tossico sull’avversità e da altri componenti inerti che influenzano le caratteristiche chimico fisiche del prodotto. Esistono prodotti fitosanitari il cui principio attivo, invece che da una sostanza chimica, è costituito da microrganismi capaci di agire contro l’agente patogeno.