Il piano industriale di Banca Cesare Ponti è di diventare il polo private banking di gruppo Carige. Non usa tanti giri di parole il direttore generale Daniele Piccolo, in carica dai primi di dicembre proprio per applicare questo nuovo piano. «Come banca abbiamo 145 anni di storia, facciamo parte del gruppo Carige dal 2005 – racconta – già da alcuni anni abbiamo sede a Genova dove operano i nostri private banker, ma questo progetto amplia in modo considerevole il nostro impegno: apriremo nuove filiali di appoggio per i nuovi clienti che da Carige verranno a investire i propri patrimoni in Banca Cesare Ponti, accompagnati dai private banker che verranno a lavorare da noi». Dove non ci saranno filiali, annuncia Piccolo, ci saranno comunque locali chiamati lounge, sale attrezzate e caratterizzate con marchio Ponti dove si potranno accogliere i clienti.
Piccolo sottolinea che l’impegno del gruppo nei confronti di Banca Cesare Ponti è già molto intenso, ma si arricchirà: «I nostri sistemi informativi, il back office e la contabilità è concentrata nella capogruppo. Il passaggio di colleghi dal gruppo Carige alla nostra banca sarà coronato da alcuni requisiti di livello professionale, per esempio dovranno conseguire il diploma di promotore finanziario, una formazione robusta quindi; abbiamo un progetto di apertura di un’academy, perché ormai non si tratta più di fare solo consulenza di investimento su normali prodotti finanziari, ma occorre un rapporto più intimo con il cliente».
Una private bank deve saper gestire problematiche legate alla successione patrimoniale, al trasferimento di aziende, ma anche gli investimenti immobiliari, per questo l’attività di formazione è così importante per la Cesare Ponti.
«Il mondo dell’invetimento per i risparmiatori italiani è molto cambiato – aggiunge Piccolo – non esiste più l’investimento obbligazionario che porti rendimenti, un fatto che dobbiamo dare per scontato, investire significa assumere maggiori rischi, è necessario essere accompagnati da professionisti preparati in un’ampiezza di investimento notevole rispetto al passato, prima si trattava di titoli di Stato italiani e di borse europee ora, con i Paesi emergenti di fatto emersi, si affronta una certa complessità geografica degli investimenti. La visione internazionale si associa con rischi sistemici più ampi rispetto al passato. Si richiede quindi una capacità di analisi molto più ampia e articolata rispetto al passato».