L’iter del progetto di costruire un deposito di bitume nel porto di Savona, bloccato di fatto dalla Regione, presenta alcune incongruenze di cui ci si sarebbe dovuto accorgere per tempo, secondo quanto scrive Fulvio Ricci presidente dell‘Ordine Ingegneri Savona, su A&B, periodico della Federazione Ordini Ingegneri della Liguria.
Con un atto votato questa estate la commissione Ambiente e Territorio del Consiglio, all’unanimità impegna «la giunta ad attivare tutte le misure possibili per la ricollocazione dell’impianto» e la impegna «a vincolare ogni nuova ipotesi a Via (Valutazione di impatto ambientale) ordinaria, anche se non prevista». Ma, chiede Ricci, «perché tutto questo? Non c’erano forse un Prg, un Puc, un Prp, un Ptcp da consultare a suo tempo facendo un’analisi tecnica adeguata prima di prendere delle decisioni?»

«La vicenda bitumi nel porto di Savona – ricorda Ricci – era nata dalla volontà di operatori della logistica e del trading. Un investimento di 15 milioni di euro per un impianto, a ridosso della Darsena e del Priamar, con 9 serbatoi fra 8 e 19 metri di altezza sui 10 mila metri del terrapieno della diga foranea, zona Alti Fondali. Servito da navi, treni e almeno 20 autobotti al giorno, secondo il progetto della società savonese Bit, l’impianto era passato privo della Via, sarebbe dovuto sorgere a pochi metri dal mare e dal centro ed era stato pensato per ricevere bitume e redistribuirlo. Sulla vicenda è scoppiata la polemica, con l’opposizione di gran parte della città, una raccolta di firme per bloccarne l’avanzamento e l’apertura di un fascicolo da parte della magistratura per abuso di ufficio, a carico di ignoti. La Regione ora ha espresso un atto di indirizzo, che di fatto è un’espressione politica, col quale intende bloccare il progetto. Ma è bene riflettere su alcune incongruenze di natura tecnica che abbiamo notato spulciando qua e là nei vari documenti relativi al progetto. Come mai chi se ne è occupato non li ha mai notati? »
Nell’area su cui è stata proposta la realizzazione del terminal bitume, osserva Ricci, secondo le norme del Ptcp (Piano territoriale di coordinamento paesaggistico) non sembrerebbero previste nuove costruzioni: «Stiamo parlando del Piano territoriale di coordinamento paesaggistico della Regione Liguria. Sempre valido no?»
«Il Piano regolatore portuale – si legge ancora nell’articolo – è stato approvato con firma congiunta dei ministri dell’Ambiente e della tutela del territorio e per i Beni e le attività culturali il 18 aprile 2005, con alcune prescrizioni vincolanti. Ad esempio, “per il riempimento all’esterno della diga foranea (darsena nuova) per la realizzazione della viabilità e dell’area di sosta per veicoli pesanti”, viene specificato che il parere “di massima positivo” viene rilasciato a condizione fra l’altro che si collochi quanto più lontano possibile dal Priamar e dalle terrazzette e che “l’area di sosta dei mezzi dovrà essere schermata con alberature per non compromettere i punti di vista panoramici di cui si gode dalle terrazze della fortezza”. Era una tutela significativa. Il decreto dirigenziale della Regione con il quale viene esclusa la necessità della Via per il progetto presentato dalla società Bit di Savona, si basa su una relazione istruttoria che dà parere positivo alla realizzazione del deposito di bitume, condotta dl Dipartimento Ambiente della Regione stessa. Nella descrizione del progetto, la relazione sottolinea che “l’area risulta sottoposta a vincolo Paesaggistico Ambientale in quanto ricadente all’interno della fascia di profondità di m. 300 dalla linea di battigia”. Quindi ne riprende i punti salienti nel capitolo “Dimensioni” (superfici, volumi, potenzialità) con l’elenco di tutte le strutture di cui si propone la costruzione, e dopo varie altre descrizioni, conclude (capitolo “Paesaggio”) testualmente che “ad esclusione del mare aperto, non esistono altri punti pubblici da cui sia possibile scorgere l’intervento in progetto (!)”. Peccato che i fotomontaggi del progetto stesso dimostrano che l’impianto si vede da tutta la città».
Il presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Savona giudica singolare una delle prescrizioni impartite dalla Regione per cui «il proponente del nuovo impianto, in caso di conclamate problematiche olfattive, deve … ricercare tutte le possibili fonti di disturbo olfattivo, associare a queste fonti una portata d’odore e, sulla base dei dati metereologici e l’orografia del territorio, utilizzare un modello di dispersione per verificare quale è l’entità del disturbo olfattivo provocato nel raggio di 3 km dai confini dello stabilimento sui ricettori presenti in questa area. Dai risultati di tale simulazione si dovranno adottare gli accorgimenti tali da far si che l’odore provocato dall’attività non impatti in maniera significativa….». «In parole povere – commenta Ricci – prima impesto di odori il Priamar e buona parte della città e poi, solo se la puzza dovesse risultare conclamata, dovrò condurre uno studio per ridurla».
«Fatto sta – è la conclusione dell’articolo – che la Regione Liguria ha decretato che il progetto può passare senza neppure la Via, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e con strutture che svettano fino a 19 metri da terra. Ci si chiede, a questo punto, a cosa servano i vincoli e la Via, se non si applicano ad un impianto così impattante. Se non ci fosse stata la raccolta di firme, come sarebbe andata? Ci sarebbero stati ugualmente tutti questi dietro front? Lo stop appena arrivato dalla Regione è certo positivo, ma è una sconfitta della politica, che rinnega i propri atti. Non c’è da essere contenti. Se norme ambientali così restrittive (da rendere impossibile, per un cittadino, la realizzazione della cuccia di un cane o di un pergolato) hanno consentito questo, forse bisognerebbe, con l’aiuto delle professioni tecniche, procedere ad una profonda revisione di leggi e regolamenti, nella direzione della semplicità, certezza, univocità ed efficacia. E poi rispettarle».