L’ex Sairo di Porto Maurizio diventerà un villaggio dello sport. Al posto di vasche e macchinari della raffineria olearia più antica d’Italia, fallita e abbandonata da decenni, sorgerà un ostello per gli atleti, con accanto una palestra pubblica per gli allenamenti delle società cittadine e delle squadre impegnate al Palasport. A sostegno dell’operazione (la stima complessiva è di 10-11 milioni di euro) sarà costruito un moderno condominio residenziale da diciannove appartamenti. Colpo di spugna definitivo sull’incubatore di imprese, d’attualità fino al 2011. «Fantasia di qualcuno» – taglia corto il sindaco Carlo Capacci, che punta tutto sulla «visione di Imperia città del turismo e dello sport».
Il progetto del futuro villaggio sportivo porta la firma di Imperia Sviluppo: quella stessa società formata da imprenditori cittadini che ha partecipato all’avvio del porto turistico e che oggi, dopo un cambio d’assetto, è riconducibile per quota di maggioranza a Gianfranco Carli. «Il nuovo polo sportivo – spiega il sindaco Capacci – crescerà accanto alla futura pista ciclabile, al palazzetto dello sport e alla piscina olimpionica». Un’iniziativa privata, su terreni privati che passeranno in mano pubblica al 75% . «A tutto vantaggio della città» – assicura il sindaco, lasciando intendere un ruolo di mecenati per il gruppo di imprenditori guidati proprio da Carli. «La palazzina servirà a sostenere l’investimento. I benefici della vendita saranno tutti reinvestiti nelle opere pubbliche, grazie a un’apposita convenzione. Al privato rimarrà la gestione dell’ostello, oltre allo sblocco di un’area abbandonata e non redditizia». Per farlo basterà approvare in consiglio comunale una deroga per il permesso di costruire, e attendere l’ok della Sovrintendenza. Dopodiché Imperia Sviluppo potrà dare il via al cantiere. Nelle previsioni, la nuova infrastruttura sarà pronta nel 2018, collegata e «permeabile» rispetto al tessuto cittadino.
Nell’altra Imperia, a Oneglia, si sente ancora l’odore del grano macinato in via Tommaso Schiva. Sono 102 gli operai dell’Agnesi che lavorano a settimane alterne. Gli striscioni dei picchetti arrivano fino ai portici di calata Cuneo, abbellita dagli yacht ormai stabilmente attraccati sul “quai d’honneur”. «Non vorrei che qualcuno stesse già pensando di abbellire l’Agnesi con balconcini e gerani» – provoca Gianni Trebini, segretario Cgil agroindustriali di Imperia. «A oggi, dopo la chiusura del mulino, si producono ancora 30 mila tonnellate l’anno di pasta. Prima della chiusura e del licenziamento di ventotto operai erano 50 mila. Numeri comunque contenuti. Terremo duro fino alla riconversione: si parla di sughi e altre opportunità. Faremo di tutto per salvare l’occupazione». A Imperia e comprensorio le fabbriche, piccole, ci sono ancora: Fassi, Alberti, Isnardi (in concordato preventivo) la Munters a Chiusavecchia che fa impianti di ventilazione e umidificazione, l’Asa Italia (ex Itagraf) che fa scatole di latta a Chiusanico.
Se l’industria è ancora l’anima di Imperia, la testa guarda altrove, a partire dal sindaco-imprenditore Capacci: «Mancano la logistica, le infrastrutture, siamo lontani da tutto. L’incubatore di imprese da 30 mila metri cubi non era necessario, si può fare in modo diverso, più piccolo. Per quanto riguarda l’industria rimangono due sole grandi realtà: Fratelli Carli e Agnesi. Facciamo il possibile per salvare il pastificio compatibilmente con le scelte private del gruppo Colussi. La chiusura intanto è stata rimandata di due anni. C’è ancora un grande serbatoio di imprese artigiane e industriali, che però non troveranno più il loro habitat sul mare, semmai in vallata. Qui si farà turismo».