«Modifiche che accrescono il ruolo dei creditori e in cui il mercato potrebbe non essere in una posizione di “terzietà” com’è accaduto fino a oggi». Commenta così le recenti modifiche alla legge fallimentare il presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Genova Massimo Scotton.
Il professionista dello studio Rosina & associati compie un excursus storico sulla legge che risale al 1942, quando lo spirito del legislatore era diverso: «Il fallimento aveva uno scopo economico e sociale: bisognava rimuoverlo dal sistema economico».
Oggi è cambiato tutto anche se la prima modifica di questo regio decreto è avvenuta solo nel 2006: «Non più un ruolo negativo dell’imprenditore, ma l’introduzione di misure che preservassero la forza lavoro e e il know how sul mercato, per consentire all’azienda di non essere travolta dalla crisi. Sono stati introdotti istituti come i piani attestati, gli accordi di ristrutturazione e le proposte per il concordato preventivo, che hanno dato soluzione a molte delle crisi di impresa che si sono scatenate negli ultimi tempi». Dalla versione punitiva si è passati al concetto negoziale tra imprenditore e suoi creditori, con il tribunale in funzione di terzietà.
Dal 2008 in avanti gli effetti della crisi sono stati pesanti e tuttora in corso, l’onda lunga che ha travolto l’economia è ancora lontana dal ritirarsi e queste modifiche sono state immediatamente messe alla prova, quasi uno stress test: «Oggi – dice Scotton – vi è stato un uso ma anche un abuso di queste misure, a danno del sistema? Oggi il decreto 83 dello scorso giugno ha predisposto non delle azioni, ma delle reazioni a ciò che si è verificato dal 2009 al 2012. L’indirizzo di base non è modificato, ma diventa più pressante l’intervento dell’autorità giudiziaria e rilevante la parte attiva del ceto creditorio».
Le procedure attivate che non andavano a buon fine si risolvevano nel non mantenimento di una proposta ai creditori. Oggi (ulteriori modifiche sono ancora in discussione), nel caso del concordato liquidatorio, è stata reintrodotta la soglia del 20% come cifra minima da saldare ai creditori chirografari (coloro che non hanno nessun grado di privilegio). Senza questo 20% non è ammesso l’accesso al concordato preventivo liquidatorio e si converte direttamente nel fallimento.
Nel concordato di continuità è assegnato un ruolo attivo, per Scotton forse troppo, a un ceto creditorio che di suo non è mai stato così attivo: «Può inserirsi un terzo soggetto a formulare una propria proposta. Ne vedremo gli effetti, chi si schiererà, chi assumerà un ruolo dominante, ora si possono fare solo congetture, vedremo tra qualche anno. Il cosiddetto mercato potrebbe influenzare molto questa procedura».
Cambia anche la disciplina del voto dei creditori: «Prima il meccanismo della votazione dei concordati prevedeva l’adunanza dei creditori e la manifestazione del dissenso tramite comunicazione. Il silenzio era considerato assenso. Ora non sarà più così».