A Savona la differenziata non basta. Depliant, iniziative e minacce di multe hanno contribuito a muovere passi avanti, ma non si sono ancora rivelati decisivi. Secondo i dati a disposizione delle società del settore, la raccolta si aggira tra il 25 e il 30 per cento; sono ancora troppi, invece, i rifiuti riciclabili che finiscono in discarica.
«La percentuale di materiale di scarto, ovvero che non può essere riciclato, di quanto viene raccolto nei sacchetti e nei bidoni della differenziata è enorme – commenta Sergio Poggio, direttore tecnico di Sat, azienda di Vado Ligure che si occupa della gestione dei rifiuti -. Si aggira tra il 30 e il 40 per cento per quanto riguarda la plastica. Nella carta fortunatamente meno: circa il 10 per cento».
Pare proprio che i savonesi siano particolarmente sbadati per quanto riguarda la raccolta differenziata. Solo il sistema porta a porta, condito da precise minacce di sanzioni per chi viene identificato a fare di testa sua, ha registrato risultati soddisfacenti. Ma, ovviamente, il meccanismo ha un costo notevole, sia dal punto di vista economico che da quello dei consensi delle amministrazioni che provano a metterlo in piedi.
«Quando arrivano i camioncini dai paesi dove si fa la differenziata porta a porta siamo tutti contenti: il materiale da setacciare è molto più pulito – racconta Diego Pizzorno, della Fg riciclaggi, che lavora all’isola ecologica di Savona – ma è triste notare che per convincere i cittadini a compiere una buona raccolta li si debba costringere o spaventare con lo spettro delle multe. Il porta a porta è, tra le altre cose, un sistema più dispendioso per tutti, ma sembra l’unico in grado di dare buoni risultati».
All’isola ecologica di Savona si separano i rifiuti utili da riciclare, dividendoli da quelli inutili, prima di spedirli agli stabilimenti che li lavorano. Si tratta di un lavoro compiuto per buona parte da macchine, ma non del tutto. Diego Pizzorno coordina una squadra di una dozzina di operai, quasi tutti exrtracomunitari, che si occupano della selezione della plastica. Si tratta di un lavoro duro, da compiere di notte, in un ambiente maleodorante. Un’occupazione che la maggior parte degli italiani, anche coloro che hanno un disperato bisogno di lavorare, finisce per mollare in pochi mesi.
Gli operai lavorano a un nastro trasportatore su cui vengono rovesciati tutti i sacchi della plastica raccolti in provincia. Il paradosso è che gli addetti tirano fuori dal nastro solo il materiale “valido”, lasciando sopra lo scarto da desinare invece alla discarica. Si parla di “plastica”, eppure sul nastro si vedono passare padelle, caschi da moto, giochi per bambini. Qualsiasi cosa.
«Troppo di quanto viene raccolto, non può essere riciclato – commenta Poggio – ma dall’altra parte circa l’80 per cento dei rifiuti che vengono conferiti in discarica potrebbero in realtà essere riciclati. È una generica mancanza di cultura che, finora, solo la minaccia di sanzioni del porta a porta ha aiutato a ribaltare».