
Dopo quasi 8 anni di caduta libera possiamo finalmente dire che si intravede la luce in fondo al tunnel.
È dall’inizio di questa profonda crisi cominciata nel triennio 2007-2008-2009 che sento persone sostenere che a breve la recessione sarebbe finita. Affermazioni fatte dai più grandi opinion leader del settore, imprenditori immobiliari, costruttori e associazioni di categoria, che hanno preferito reagire mettendo la testa sotto la sabbia per poi trovarsi altri 5 anni in sofferenza.
È evidente che cambiare è molto difficile, il cambiamento spaventa, è indiscutibile, il crollo del numero di compravendite immobiliari e dei prezzi ci ha fatto capire che il cambiamento è fisiologico. Oggi per stare sul mercato abbiamo necessità di tre punti fondamentali: crescita, innovazione e trasparenza.
La crescita può avvenire soltanto con fusioni delle piccole o micro aziende. Il mercato immobiliare è caratterizzato da molteplici tipologie di aziende, società di costruzione, ristrutturazioni edili, società di servizi (agenzie immobiliari, gestione patrimoniali, amministrazioni) studi tecnici e professionali.
Troppe realtà, troppe micro aziende molte volte senza dipendenti diretti, poco strutturate; nel resto del mondo i player immobiliari sono grandi aziende che creano moltissima occupazione e che sono presenti sul mercato in maniera strutturata.
La fusione per segmenti di competenze, la creazione di aziende organizzate, eviterebbe questo grande turnover di micro aziende che tanto facilmente entrano nel mercato quanto tanto facilmente lo abbandonano chiudendo.
L’unione fa la forza, ci sono moltissimi imprenditori, anche piccoli, che oltre ad avere una grande esperienza, hanno capacità importanti, basterebbe un confronto con altri imprenditori, magari con competenze differenti, per mettere in atto un cambiamento del tessuto aziendale che passa attraverso la crescita. Non sono più questi i tempi dell’improvvisazione.
Innovare vuol dire avere un nuovo approccio al business. Non si può continuare a fare quello che si faceva ieri, dobbiamo pensare a cosa fare domani.
Per esempio il risparmio energetico ci obbliga a conoscere materiali, impianti di nuova generazione, per individuare il miglior prodotto che avrà la miglior durata negli anni; diventa importante la programmazione, pensando a come sarà il nostro patrimonio immobiliare nei 20 anni successivi.
Anche l’accesso al credito è totalmente cambiato: siamo passati da facili erogazioni del 100% del prezzo d’acquisto a erogazioni ponderate che variano dal 50% all’80%. Un dato invece positivo è quello relativo ai tassi d’interesse che sono realmente vantaggiosi.
La competizione con il mercato internazionale ci porta a un maggiore studio di ciò che è globale, anche questo rappresenta una crescita.
L’obbligo è quello di avere leggi chiare, piani regolatori semplici, programmi di sviluppo immobiliari a lungo periodo con indicazioni della P.A. che non necessitano di interpretazioni da parte di professionisti specializzati.
Il mercato presente e futuro subirà oscillazioni più veloci rispetto a quello del passato e seguirà principi sempre più legati all’economia reale e alla produzione industriale del Paese.
L’imprenditore sarà obbligato a redigere un business plan tenendo in considerazione la tempistica della burocrazia che deve corrispondere al momento di mercato favorevole: se i tempi della burocrazia non saranno brevi, il rischio di bloccare gli investimenti immobiliari a favore di altri di diversa natura sarà molto alto.
Cambiamo le regole del gioco per essere competitivi nel mondo senza dimenticarci che il nostro Paese è e sarà sempre una meta ambita da tutto il mondo e che il mercato immobiliare fa parte anche lui del grande brand che è Made in Italy.