«I blocco dei licenziamenti non è prorogabile all’infinito e del resto non sarà un caso se l’Italia è l’unico paese in Europa ad avere adottato questo provvedimento». Lo ha dichiarato a Liguria Business Journal il presidente di Confindustria Genova Giovanni Mondini.
Il blocco, originariamente previsto per 60 giorni a partire dal 23 febbraio, è stato poi esteso per cinque mesi e infine per altri quattro mesi fino al 31 dicembre. L’estensione del divieto, avvertono Ocse e Banca d’Italia, rischia di provocare fallimenti e penalizzare i giovani ma c’è chi non intende rinunciare a questa misura.
«Intanto – spiega Mondini – il timore di licenziamenti di massa con la fine del blocco non mi sembra fondato. Invece è fondata la speranza che non ci siano. Perché molte imprese stanno andando avanti e non hanno nessun motivo di licenziare. Alcune potranno essere costrette a cambiare modello di business – per esempio chi è passato in modo massiccio all’on line – e quindi avranno bisogno di profili professionali diversi e dovranno fare ricorso a ristrutturazioni del personale. Questo può accadere in qualche misura ma più si ritarda il processo e peggio è, la situazione peggiora e richiede provvedimenti sempre più radicali. C’è chi ha parlato del pericolo di “ritorno ai licenziamenti di massa” ma i licenziamenti di massa non mi risulta che ci fossero prima e non vedo perché dovrebbero esserci in futuro».
Non funzionano, secondo il presidente di Confindustria Genova, i provvedimenti pensati dal primo Governo Conte per incrementare l’occupazione, reddito di cittadinanza e quota 100.
«Il reddito di cittadinanza – precisa Mondini – è un provvedimento comprensibile come misura sostegno, se ci sono le risorse sufficienti, ma non ha funzionato per quanto riguarda l’incremento dell’occupazione. Non mi sembra che abbia fatto molto per mettere meglio in contatto offerta e domanda di lavoro».
Eppure si parla di assumere altri navigator …
«Forse sarebbe meglio affidarsi alle agenzie specializzate in questo settore, mi sembra che lavorino bene.
Quota 100, cioè la possibilità di uscire dal lavoro quando la somma dell’età e degli anni di contributi del lavoratore è almeno pari a 100, con un requisito minimo di età e contribuzione, nelle intenzioni dei legislatori doveva favorire il ricambio generazionale, si parlava di tre nuovi assunti per ogni pensionato.
«Mi pare che i fatti dimostrino che erano calcoli sbagliati. Quota 100 e reddito di cittadinanza sembrano due provvedimenti strutturati per ottenere consensi ma poco efficaci per lo sviluppo dell’occupazione».