Uno spiraglio di luce dopo otto anni di buio, ma non si può ancora parlare di ripresa. I dati sull’edilizia aggiornati allo scorso ottobre e diffusi da Ance-Assedil, l’Associazione dei construttori edili della provincia di Genova, parlano di un +4,6% di occupazione, ma un +0,83% al netto dei lavoratori legati alle opere del Cociv. Eppure ci sarebbero margini per incrementare ulteriormente la possibilità di lavoro, ma le normative e le scelte politiche non sembrano voler andare nella direzione di incentivare il riuso, gli investimenti in efficientamento energetico, la sostituzione edilizia.
Tradotto in numeri, in Liguria erano 48 mila gli occupati nelle costruzioni, mentre nel primo semestre 2016 sono arrivati a quota 52 mila. I dipendenti crescono in modo deciso: dai 23 mila del 2015 sono passati a 30 mila nel 2016, mentre calano gli indipendenti, da 25 mila a 22 mila.
«Siamo un settore pesante sull’economia del territorio – spiega il presidente Filippo Delle Piane – circa l’8% del contributo totale degli investimenti in Liguria, senza contare l’indotto. I dati ci rendono ottimisti, ma non del tutto entusiasti. Dal 2008 al 2014 abbiamo stimato di aver perso 1944 imprese ossia il 10%». Nel 2014 si è arrivati a quota 17.402, una variazione comunque inferiore rispetto al totale italiano (-16%), solo Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige e Puglia hanno limitato meglio i danni.
«I permessi di costruire, comprese nuove abitazioni ma anche gli ampliamenti – sottolinea Delle Piane – sono crollati: in Liguria -81,5% nel 2014 rispetto al picco dei primi anni duemila. 680 nel 2014 contro i 3.677 del 2005, l’anno migliore. Il terreno perduto non sarà recuperato se i ritmi di crescita sono questi. Dobbiamo renderci conto che quei numeri probabilmente non torneranno più. Il rimbalzo non ci sarà». Il fatto che questi dati Istat siano fermi al 2014 però non consente di capire se negli ultimi due anni c’è stata una ripresa anche in questo ambito.
In controtendenza il dato sulle transazioni immobiliari: crescita a doppia cifra nel primo semestre 2016 (+28,4%) in Liguria, meglio che nel resto d’Italia (+21,9%) e nel Nord Ovest (+28,4%), «si tratta soprattutto di transazioni tra privati, abbiamo notato che i mutui alle famiglie crescono allo stesso ritmo – dichiara Delle Piane – in Italia la bolla immobiliare non c’è mai stata in termini di valori. La battuta d’arresto del mercato immobiliare era dovuta al sistema creditizio che non ha più finanziato le famiglie». Il segnale grave è che non c’è stato un aumento di vendite del prodotto tra le imprese e le normative che tentavano di incentivarlo non sono state mantenute: «Se si compra la prima casa da un privato non si paga l’iva, ma l’imposta di registro del 2% da calcolare sul valore catastale, se invece si compra da un’impresa un immobile entro 5 anni dalla fine lavori, la compravendita è soggetta a iva da calcolare sul prezzo di compravendita pari al 4% del prezzo, più le imposte di registro, catastale e ipotecaria. Inoltre le persone sino a quest’anno potevano detrarre dall’Irpef il 50% dell’iva pagata se acquistavano un immobile a destinazione residenziale e di classe energetica A o B da un’impresa costruttrice. Questa misura non è stata confermata per il 2017».
Il flusso di nuovi finanziamenti per investimenti in edilizia residenziale in Liguria è calato nel primo semestre 2016 del -4,2% rispetto allo stesso periodo del 2015, quello per gli investimenti nel non residenziale dell’11%.
Il codice degli appalti ha inoltre rallentato il numero delle gare e il loro importo, le linee guida dell’Anac, l’anticorruzione, (l’equivalente dei decreti attuativi) sono arrivate molto tardi.Nei primi mesi del 2016 è stato di 291 milioni di euro l’importo dei bandi di gara per lavori pubblici (in totale 254), mentre nello stesso periodo del 2015 la cifra era di 508 milioni (per 217 bandi).
Delle Piane dipinge il nuovo scenario: c’è stata una selezione pesante che ha privilegiato le imprese con liquidità e non la qualità (con tutte le valutazioni su un settore ad alto rischio di infiltrazioni malavitose). La crisi ha colpito soprattutto le medie imprese con 10-50 addetti. I piccolissimi imprenditori però faticheranno ad adeguarsi alle sfide di oggi, in cui gli interlocutori sono fondi di investimento o family office (società di servizi che gestisce il patrimonio di una o più famiglie facoltose). Occorrerà avere un approccio industriale al mercato.
Genova, secondo il presidente di Ance-Assedil, ha l’opportunità geografica di connettersi al principale motore economico italiano, Milano e di ripartire anche grazie al Blueprint, senza dimenticare che c’è un patrimonio immobiliare di scarso valore, costruito nel secondo dopoguerra, che ha bisogno di un pesante efficientamento: «Trasformare le aree urbane non significa cementificare», ribadisce Delle Piane.