Il nuovo codice degli appalti ha ricevuto il via libera dal Consiglio dei ministri. Il testo ora inizierà il cammino parlamentare: prima le commissioni e poi l’Aula. L’entrata in vigore è prevista per il 1° aprile 2023.
Il provvedimento si basa su quattro pilastri fondamentali: semplificazione e accelerazione delle procedure; digitalizzazione di tutti i passaggi burocratici; tutela dei lavoratori e delle imprese. L’obiettivo è “favorire una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità (amministrativa e tecnica) in un settore in cui spesso la presenza di una disciplina rigida e dettagliata ha creato incertezze, ritardi, inefficienze”.
Rispetto Codice del 2016 vengono cancellati 47 annessi alle direttive UE, 25 allegati al d.lgs. 50/2016 e 15 regolamenti che a oggi sono vigenti. Nel testo sono presenti novità su criteri ambientali minimi , clausole sociali e scorporo del costo del lavoro al minimo ribasso. Per aiutare tutte le pubbliche amministrazioni nella fase transitoria, sarà attivato a Palazzo Chigi un help-desk dedicato che risponderà ai dubbi degli operatori, fornendo al contempo FAQ e casi pratici. Per quel che riguarda la revisione dei prezzi , nel nuovo testo c’è un riferimento diretto agli indici sintetici della variazione dei prezzi a cura dell’Istat. È stata innalzata da 150 mila a 500 mila euro la soglia sotto la quale i Comuni possono affidare lavori anche senza la qualificazione della stazione appaltante.
«Il nuovo codice degli appalti – commenta il viceministro alle Infrastrutture, Edoardo Rixi – permetterà di avere procedure veloci e semplificate per le nuove opere lavorando in sinergia con Comuni e stazioni appaltanti, ma anche guardando alle imprese e alla competitività del Paese. Il tempo non può essere più una variabile indipendente per un’opera pubblica: bisogna allineare la macchina pubblica all’esigenza di ristruttura rapidamente il Paese».