Il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe rileva nella settimana 9-15 marzo 2022, rispetto alla precedente, un aumento di nuovi casi in Liguria: +25%. I casi attualmente positivi sono 890 ogni 100 mila abitanti, comunque tra i più bassi d’Italia. Restano sotto soglia i posti letto occupati da pazienti Covid: 14,7% quelli in area medica 5% le terapie intensive.
«Dopo cinque settimane di calo e l’arresto della discesa la scorsa settimana – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – si inverte nettamente la curva dei nuovi casi settimanali. Un’inversione di tendenza che riconosce diverse cause: dal rilassamento della popolazione alla diffusione della più contagiosa variante Omicron BA.2, dal calo della protezione vaccinale nei confronti dell’infezione alla persistenza di basse temperature che costringono ad attività al chiuso».
Nella settimana 9-15 marzo salgono da 48 a 66 le Province con incidenza superiore a 500 casi per 100.000 abitanti, tra cui La Spezia (596) e Genova (588).
«Sul fronte degli ospedali – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui servizi sanitari della Fondazione Gimbe – si rileva un’ulteriore riduzione dei posti letto occupati da pazienti Covid in terapia intensiva, mentre l’incremento del numero di nuovi casi frena la discesa di quelli in area medica».
Per quanto riguarda le vaccinazioni, in Liguria hanno completato il ciclo l’84,1% della popolazione, con l’1,8% in attesa di seconda dose.
Per quanto riguarda la copertura vaccinale nella fascia 5-11 anni, la Liguria è sempre indietro con solo il 25,6% ad aver completato il ciclo e il 3,7% in attesa di seconda dose.
La copertura della terza dose è alta, anche se la Liguria (81,7%) è tra le regioni nelle retrovie
«Tutti i dati dimostrano – precisa Cartabellotta – che la campagna vaccinale è ormai in una fase di stallo, nonostante quasi 4,6 milioni di persone vaccinabili con prima dose e 2,9 con booster».
Gimbe ricorda che i dati dell’Istituto Superiore di Sanità dimostrano la riduzione dell’efficacia vaccinale a partire da 3 mesi dal completamento del ciclo primario e la sua risalita dopo la somministrazione del richiamo. In particolare: l’efficacia sulla diagnosi scende progressivamente dal 62,5% per i vaccinati con due dosi entro 90 giorni al 43,6% per i vaccinati da più di 120 giorni, per poi risalire al 61,3% dopo il richiamo;
l’efficacia sulla malattia severa scende progressivamente dall’84,5% per i vaccinati con due dosi entro 90 giorni all’81,8% per i vaccinati da più di 120 giorni, per poi risalire al 91,7% dopo il richiamo.
Complessivamente nelle persone vaccinate con ciclo completo (più eventuale dose di richiamo), rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d’età si riduce l’incidenza di diagnosi (del 56,6-75,2%), ma soprattutto di malattia grave (del 72,8-88,5% per ricoveri ordinari; del 78,8-91,8% per le terapie intensive) e decesso (del 78,1-90,6%).
Sull’abolizione green pass e obbligo di mascherine al chiuso Gimbe spiega che la trasmissione del Sars-Cov-2 avviene principalmente per via aerea, in particolare attraverso aerosol. Il rischio di contagio aumenta in relazione al contesto, caratterizzato da diversi parametri: tipologia di attività eseguita da un gruppo di persone (stare in silenzio, parlare, gridare/cantare), affollamento del luogo, durata del contatto superiore o inferiore a 15 minuti, luogo all’aperto o ambiente chiuso adeguatamente ventilato o meno, utilizzo della mascherina. Ovvero dunque contesti a rischio di contagio basso, intermedio ed elevato: questi ultimi si identificano con le attività effettuate in luoghi chiusi, affollati, con scarsa aerazione, dove è indispensabile indossare la mascherina che, secondo una revisione sistematica pubblicata sul Bmj, ha un’efficacia del 50% nel prevenire l’infezione da Sars-CoV-2. Inoltre, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, l’efficacia dei vaccini anti Covid-19 sulla prevenzione del contagio varia dal 36,6% al 77,9% in relazione alle classi di età ed alla somministrazione del booster. Ovvero, se da un lato i vaccini riducono la circolazione virale, dall’altro una persona vaccinata rischia comunque di infettarsi (e di infettare gli altri), rendendo necessario l’utilizzo della mascherina, in particolare al chiuso.
«Nel nostro Paese – ricorda Cartabellotta – la circolazione virale è ancora molto elevata e la curva dei contagi ha ripreso a salire: tuttavia, a fronte dell’imminente fine dello stato di emergenza, il governo si riunirà a breve per decidere se e quali misure abolire a partire dal 1° aprile. Auspichiamo che in quella sede le decisioni vengano informate dalle evidenze scientifiche e dalla situazione epidemiologica e non dallo spirito di emulazione di altri paesi più “temerari”, dove peraltro hanno ripreso a crescere non solo i contagi, ma anche le ospedalizzazioni. In particolare, per ciò che riguarda il green pass, l’obbligo può decadere immediatamente dove il rischio di contagio è basso, cioè all’aperto, in luoghi al chiuso poco affollati, ben ventilati e con breve permanenza, mentre dovrà essere mantenuto nei locali chiusi a rischio elevato; nelle situazioni a rischio intermedio può essere valutata l’abolizione del green pass rafforzato. L’obbligo di mascherina, al momento, deve invece essere mantenuto in tutti i luoghi al chiuso, tenendo conto sia della estrema contagiosità della variante omicron, in particolare della BA.2, sia delle incognite relative all’entità della risalita della curva dei contagi e al suo potenziale impatto sugli ospedali».