Nel suo recente viaggio in Spagna, a Barcellona, Draghi ha dichiarato: «Le nostre società stanno attraversando dei cambiamenti economici importanti e dobbiamo dare un sostegno ai lavoratori attraverso politiche attive del mercato del lavoro. Questo vuol dire creare nuove opportunità per le donne e per i giovani, oltre a riqualificare tutti coloro che hanno perso il lavoro».
Ma attraverso quali strumenti possono essere raggiunti questi obiettivi sia alla luce della prossima inevitabile scadenza del divieto di licenziamento sia utilizzando presto e bene i fondi del Recovery Fund?
Innanzitutto attraverso la riforma radicale dei Centri pubblici per l’impiego (Cpi).
I Cpi sono scarsamente utilizzati dai disoccupati italiani: il loro “principale cliente”. Nel 2017, solo un disoccupato su 4 si è rivolto con cadenza mensile ai Cpi, contro una media dell’UE quasi doppia. La motivazione più probabile è quella che i disoccupati nutrono più fiducia nei canali informali rispetto a quelli istituzionali: l’87,3% si rivolge a parenti, amici e conoscenti, il 70,3% invia curriculum e il 59,8% svolge ricerche su internet (fonte welforum.it).
Tra le cause che determinano il limitato ricorso ai Cpi da parte delle persone in cerca di lavoro sembra quindi esservi la loro scarsa efficacia. I dati Istat infatti mostrano che i nuovi occupati per i quali il Cpi è stato lo strumento di ricerca più utile per trovare l’attuale lavoro sono stati solo il 3,4% nel 2019. I centri privati (le cosiddette Apl – Agenzie per il Lavoro) che sono più efficaci, essendo riusciti a trovare una occupazione al 5,6% dei nuovi occupati, sono però poco diffusi nel Mezzogiorno (fonte: Isfol-Plus).
Alla scarsa efficacia dei Cpi hanno probabilmente contribuito le poche risorse economiche-tecnologiche e umane a disposizione, che in Italia sono decisamente inferiori rispetto a quelle dei partner della UE: 8-9.000 addetti in Italia contro circa 100 mila in Germania (fonte: I CPI e i Servizi alle Imprese in Italia ed in Europa – EbiNter).
Va precisato che a livello nazionale sono a disposizione attualmente circa 500 milioni di euro e altri 4,5 miliardi di euro sono previsti nel Pnrr.
Ma a chi compete l’organizzazione operativa dei CPI, elemento cardine dei Servizi per l’impiego?
La regolamentazione dei servizi per l’impiego è in parte di competenza esclusiva dello Stato, ad esempio per la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) e in parte è di competenza concorrente delle Regioni, in particolare per la definizione delle politiche attive e dell’organizzazione dei servizi per il lavoro (fonte: Le politiche attive del Lavoro in Italia – 2020 – Anpal)
La sentenza n.50/2005 della Corte Costituzionale ha inoltre precisato che sono “le Regioni che debbono organizzare il proprio sistema di servizi per il lavoro”. Ma, soprattutto al Sud, le Regioni non investono tutte le risorse a loro disposizione: formazione e soprattutto i Cpi restano al palo!
Ilario Lombardo nel suo articolo su La Stampa del 19 c.m. afferma che “I navigator sono stati un fallimento e vanno rimpiazzati velocemente: il governo vorrebbe assumere altri 12 mila addetti e rafforzare la supervisione nazionale sui Cpi (un’agenzia c’è già ed è l’Anpal, ma è commissariata), intervenendo dove non funzionano.”
I navigator verranno assorbiti, probabilmente tramite concorso, in un piano di potenziamento, rifinanziamento e implementazione dei Cpi sul quale sono impegnati i ministeri del Lavoro e del Tesoro, sotto il coordinamento di Palazzo Chigi.
“Il piano, che potrebbe entrare nella prossima legge sugli ammortizzatori sociali ed essere collegata alla legge di Bilancio, prevede anche il commissariamento delle Regioni che non saranno in grado di spendere i soldi destinati ai CPI, gli uffici che sulla carta servirebbero da sentinelle sul mercato del lavoro.”
Come ho già ribadito in precedenti articoli sul tema, mentre gli interventi emergenziali sono necessari nel breve periodo come sostegno sociale alla coesione sono altri gli interventi strutturali, di lungo periodo, da attuare e finanziare congiuntamente ad un Piano di rilancio dell’occupazione sostenuto da un parallelo piano di sviluppo economico del Paese.
A fianco delle Agenzie per il Lavoro (gli sportelli privati) deve essere presente anche una solida ed efficace struttura pubblica di supporto, orientamento e assistenza ai disoccupati, agli inoccupati e in genere alle persone in cerca di occupazione che, in sinergia con il sistema della formazione, interpreti un ruolo attivo nella concreta realizzazione delle politiche attive del lavoro.
L’obiettivo è favorire l’incontro della domanda e dell’offerta, attraverso informazione, orientamento, sviluppo delle competenze, valorizzazione delle capacità.
Presenza pubblica e iniziativa privata devono collaborare per il bene comune.