Un recente studio commissionato dall’Ecsa (European Community Shipowners’ Associations) e dall’Ics (International Chamber of Shipping) sull’imminente proposta di direttiva “FuelEU Maritime” della Commissione europea, rileva che la promozione dei biocarburanti potrebbe sollevare seri problemi di applicazione, dato che occorrerebbe rendere obbligatorio lo standard sui carburanti anche a quelli acquistati al di fuori dell’Ue. Ciò potrebbe compromettere il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni. Lo studio esamina anche l’introduzione di un complesso sistema di conformità che implica l’istituzione di un sistema di quote di scambio di carbonio oltre all’attuale sistema EU ETS.
Lo studio, intitolato “FuelEU Maritime – Avoiding Unintended Consequences” che esplora l’efficacia e le implicazioni di potenziali misure, comprese le nuove norme Ue sui carburanti, volte alla decarbonizzazione del trasporto marittimo, rileva che ci sono problematiche significative nell’applicazione delle norme comunitarie sui carburanti al di fuori della giurisdizione dell’Unione. Uno standard per i combustibili acquistati a livello internazionale, in sostanza, imporrebbe l’uso di biocarburanti da parte delle navi a causa della mancanza di combustibili alternativi praticabili, in particolare per la navigazione d’altura. Lo studio evidenzia una serie di questioni in sospeso riguardanti il costo, la disponibilità e le specifiche dei biocarburanti, nonché importanti questioni sull’applicazione dei criteri di sostenibilità dell’Ue ai sensi della direttiva sulle energie rinnovabili.
«Lo shipping europeo – afferma Claes Berglund, presidente dell’Ecsa – è impegnato a decarbonizzare il trasporto marittimo il più rapidamente possibile. Tuttavia, gli armatori non possono essere ritenuti responsabili della qualità dei combustibili. Questa è l’unica responsabilità dei fornitori di carburante».
Martin Dorsman, segretario generale dell’Ecsa, aggiunge: «Comprendiamo che la Commissione voglia applicare i criteri di sostenibilità dell’Ue a tutti i combustibili coperti dalla proposta, ma l’attribuzione della responsabilità legale per gli standard sui combustibili sulle navi non affronta le questioni sostanziali dell’applicazione, in particolare per quanto riguarda i biocarburanti».
Certificare i fornitori di carburante non UE autorizzati a rifornire le navi a livello internazionale può implicare che FuelEU Maritime regolerebbe efficacemente e potenzialmente perturberebbe il mercato internazionale del carburante. Pertanto, una delle principali conclusioni dello studio è che l’Ue dovrebbe garantire che l’obbligo principale per il rispetto di eventuali nuove norme spetti ai fornitori di carburante.
Guy Platten, segretario generale dell’International Chamber of Shipping, dichiara: «Non penalizzeresti un proprietario di un’auto per aver acquistato il carburante sbagliato a una pompa di benzina, ma questo è esattamente ciò che accadrà agli armatori con la proposta marittima FuelEU. Inoltre, vi sono legittime preoccupazioni che FuelEU possa compromettere la riduzione delle emissioni imponendo l’uso di biocarburanti, che hanno problemi reali per la sostenibilità ambientale».
Un altro problema evidenziato nello studio è l’introduzione di un sistema di conformità estremamente complesso, in base al quale le navi che non possono utilizzare o avere accesso a combustibili che soddisfano gli standard Ue richiesti potrebbero essere invece tenute ad acquistare crediti da altre società o dalla stessa Commissione. Ciò stabilirebbe effettivamente un sistema di scambio del carbonio in aggiunta e chiaramente sovrapponibile alla proposta di estendere l’EU ETS alla navigazione.
Lo studio rileva inoltre che la proposta FuelEU Maritime, se progettata in modo adeguato, potrebbe contribuire ad affrontare le barriere identificate nella strategia GHG dell’Imo stimolando la domanda di combustibili per uso marittimo a basse e zero emissioni di carbonio che è attualmente trascurabile