Cassa centrale banca, la holding trentina di un’ottantina di banche di credito cooperativo azionista all’8,3% di Banca Carige, acquistato sottoscrivendo l’aumento di capitale del 2019, sarebbe orientata a rinunciare a esercitare l’opzione di rilevare la quota dell’80% in mano al Fitd (Fondo interbancario di depositi e prestiti). È quanto, secondo fonti finanziarie, sarebbe emerso dalla seduta fiume di ieri della banca trentina.
Da giorni circolavano voci secondo cui le distanze tra le parti apparivano inconciliabili: Ccb avrebbe contemplato la possibilità di acquisire la partecipazione alla cifra simbolica di un euro, con in più la richiesta di un’iniezione di capitale da parte del Fitd. La proposta sarebbe stata respinta dal veicolo presieduto da Salvatore Maccarone.
A spingere Ccb alla rinuncia sarebbe la crisi scatenata dalla pandemia, che ha avuto un impatto sul tessuto economico ligure e sui conti della banca (perdita di 250 milioni nel 2020). Del resto fin dall’inizio una parte del mondo cooperativo guidato dalla holding di Trento era stata contraria all’operazione, temendo che il principio di mutualità del gruppo venisse sopraffatto dalla fusione con una spa.
Ora il Fitd dovrà cercare un altro partner per la banca ligure. Per statuto il Fondo è tenuto a cedere la quota – l’accordo con Ccb prevedeva un diritto d’opzione dei trentini esercitabile fino alla fine del 2021 – d’altra parte la Bce impone una “business combination” per Carige.