La Liguria è la seconda regione italiana, dopo le Marche, dove c’è stata una maggiore variazione negativa sull’apertura di partite iva confrontando il 2020 con il 2019: -18,70%. Lo testimoniano i dati pubblicati sul sito del ministero dell’Economia e delle finanze.
Il numero di nuove partite iva si è fermato a 11.296 nell’anno del Covid.
La media nazionale è in calo del 14,85% ed escludendo quelle con domicilio fiscale ignoto (+21,23%) si va dal -5,3% del Veneto al -18,96% delle Marche.
Le province della Spezia, di Genova e Savona sono tra quelle dove il calo è stato particolarmente importante. Non che in tutta Italia sia andata meglio, visto che sono solo tre le province – Treviso, Gorizia e Verona – in cui il numero di partite iva è aumentato nel 2020.
Proprio dal portale del ministero si possono approfondire i dettagli per la Liguria
A livello provinciale si va dal -29,58% di Barletta-Andria-Trani al +12,60% di Treviso. Milano segna un -16,72%.
Per quanto riguarda i settori in Liguria prevale il commercio-riparazione di auto e moto, seguito dalle attività professionali, scientifiche e tecniche e dalle costruzioni. Oltre le mille aperture anche quello della sanità e assistenza sociale, mentre in altre regioni, per esempio, quest’ultimo è spesso superato dall’agricoltura, silvicoltura e pesca.
Il luogo di nascita di chi ha aperto una partita iva in Liguria è Asia e Oceania (281), America (364), Persone non fisiche (2.315).
La natura giuridica di queste nuove aperture è principalmente persone fisiche (8.981), società di capitali (1.659), società di persone (545), non residenti (69), altre forme giuridiche (42).
Ad aprire una partita iva sono stati 5.786 maschi e 3.195 femmine, oltre a 2.315 persone non fisiche.
Per quanto riguarda l’età, 4.098 sono sotto i 35 anni, 2.762 dai 36 ai 50 anni, 1.737 dai 51 ai 65 anni e 384 oltre i 65 anni.
Il ministero ha evidenziato che, a livello nazionale, il dato delle chiusure delle partite Iva nel corso del 2020 è comunque inferiore rispetto al 2019. Nel periodo gennaio-dicembre risultano 320.435 chiusure, rispetto alle 427.623 riscontrate nel corso del 2019. Questi dati vanno comunque interpretati con cautela per tre motivi: alcuni contribuenti potrebbero comunicare tardivamente l’avvenuta cessazione di attività nel 2020; il dato del 2019 potrebbe comprendere alcune cessazioni d’ufficio operate dall’Agenzia delle Entrate per non-operatività; spesso il contribuente non ottempera all’obbligo di chiusura della partita iva al momento della cessazione dell’attività.