
La tragedia sanitaria che ha colpito il mondo ha purtroppo non solo conseguenze drammatiche in termini di vite umane ma anche implicazioni gravissime sulle economie.
Come è noto, Covid19 implica un simultaneo ed enorme shock sia dal lato della domanda (crollo dei consumi, degli investimenti e delle esportazioni) sia dal lato dell’offerta (impossibilità diffusa a produrre beni e servizi a causa del lockdown imposto dalle autorità e a causa dell’interruzione di filiere di fornitura, anche internazionali).
Le imprese si trovano a dover fronteggiare un crollo del fatturato a fronte di costi che permangono significativi: si trovano dunque nella necessità di trovare rapidamente risorse per uscire da un crisi di liquidità che può rivelarsi drammatica. La crisi di liquidità può portare al fallimento anche di imprese economicamente solide e potenzialmente solvibili; il rischio di desertificazione del tessuto economico italiano è purtroppo concreto.
Pur con le complessità amministrative che l’iter previsto dal governo comporta e pur con la discrezionalità lasciata alle banche, il credito bancario sostenuto da garanzie statali potrà fornire risorse ingenti. Pur a fronte di uno stanziamento immediato contenuto (circa €8,5 miliardi per ampliare il fondo di garanzia sui prestiti), il governo stima di poter sostenere un volume massimo di €750 miliardi di prestiti bancari complessivi. Si tratterebbe di cifre davvero ingenti; applicando rozzamente una percentuale del 3% (pari indicativamente al peso dell’economia ligure) si potrebbe arrivare immaginare un flusso di prestiti sulla nostra regione dell’ordine dei €22 miliardi. Si tratta di una cifra massima del tutto ipotetica ma l’ordine di grandezza è ragguardevole se si considera che il totale dei prestiti bancari oggi in essere a favore di imprese liguri è dell’ordine di €16 miliardi.
Un altro importante canale di finanziamento alle imprese è stato previsto con gli accordi dell’Eurogruppo del 9 Aprile: si tratta di una linea di credito di €200 miliardi che sarà messa a disposizione dalla BEI (Banca Europea degli Investimenti). Si tratta di prestiti a tassi relativamente vantaggiosi (che però tengono conto del profilo di rischio del singolo progetto), di importi variabili (il taglio tipico oggi è di €25 milioni) e che normalmente copre il 50% del valore dei progetti.
I progetti sono valutati sulla base del loro merito e attualmente la BEI concentra la propria attività su sei tematiche prioritarie: 1) clima e ambiente, 2) sviluppo; 3) innovazione e competenze, 4) piccole imprese; 5) infrastrutture e 6) coesione sociale. La BEI finanzia sia direttamente le imprese (o consorzi di imprese) sia istituzioni finanziarie (banche, società di leasing e istituzioni di sostegno allo sviluppo) alle che a loro volta finanzino le imprese.
Il finanziamento BEI può coprire costi di investimento ma anche attività di ricerca e sviluppo. L’Italia, al pari di Francia e Germania, figura tra i tre maggiori azionisti della BEI e detiene il 18,78% del capitale. Come si è detto, l’accesso ai finanziamenti avviene sulla base di un processo che valuta il merito dei progetti e non vi sono quote automatiche per i singoli paesi. Si può tuttavia immaginare che – data la natura drammatica ed eccezionale delle circostanze – la BEI potrebbe non discostarsi troppo nell’allocazione dei fondi dai pesi dei diversi paesi nel proprio capitale.
Assumendo dunque, un po’ grossolanamente, che alle imprese italiane possa arrivare circa il 18-19% delle somme stanziate, si avrebbe una linea di credito per le nostre imprese dell’ordine di € 37,5 miliardi. Immaginando a sua volta che le imprese liguri possano accedere ad una quota dell’ordine del 3% di tali fondi si avrebbe una cifra pari a € 960 milioni. Non è una cifra trascurabile, il 6% di tutto il credito bancario in essere a favore delle imprese liguri.
Come ho detto si tratta di cifre del tutto ipotetiche, le cifre effettive potrebbero essere superiori o inferiori in base alla capacità progettuale delle nostre imprese. Sotto questo profilo, il prevalere in Liguria di imprese di piccole e piccolissime dimensioni potrà essere di ostacolo: si consideri che circa il 71% delle imprese liguri ha meno di 50 dipendenti contro il 56% del Nord-Ovest e il 50% circa della media europea.
Occorre quindi uno sforzo creativo eccezionale nella progettazione sui temi del futuro: sostenibilità, innovazione (soprattutto digitale), infrastrutture e coesione sociale. Credo sia necessario prestare grande attenzione anche al tema della riconversione produttiva delle imprese a seguito delle nuove priorità strategiche del Paese e dell’imminente accorciamento delle filiere globali di fornitura. Le diverse istituzioni regionali dovrebbero svolgere un ruolo importante di coordinamento e facilitazione.
Occorre mettere in campo con urgenza le nostre capacità migliori perché purtroppo non abbiamo tempo per polemiche e rivalità sterili.
(Luca Beltrametti, professore di Politica economica, Dipartimento di Economia, Università di Genova)
La domanda che mi pongo è: sarà sufficiente il capitale contro il processo di desertificazione iniziato ben prima dell’emergenza sanitaria e nonostante che l’Italia sia l’ottavo paese più ricco nel mondo? Non penso.
Tanto più che la lezione impartita dalla folle crisi del 2008 pare già dimenticata. Il groviglio sociale, che fonde malaffare, burocrazia, caste, lobby, incompetenza, mediocrità e cecità’ potrebbe dissolversi solo dopo un lungo periodo in cui la centralità dell’agire sarà rivolto alla formazione scolastica, culturale, etica e professionale dei giovani. Poi capaci di sostituire tutti noi nella relazione con il futuro (e la morte).