Ci sono tre progetti di studenti dell’Università di Genova nella “short list” del “Young talent architecture award“, un buon risultato vista la concorrenza: 211 progetti inviati da 268 studenti da oltre 100 facoltà e 86 città europee.
Il concorso, organizzato dalla “Fundaciò Mies van der Rohe” di Barcellona e Creative Europe (la sezione della Commissione Europea a sostegno di cultura e creatività), avrà il suo momento finale a Venezia il 28 ottobre con la proclamazione dei vincitori. I premi: 5 mila euro, un profilo sul sito world-architects.com, una licenza vectorworks (un software per la progettazione architettonica), un diploma, la partecipazione alla mostra EumiesAward e mobili Usm per arredare il proprio studio.
Andando in ordine alfabetico sono stati selezionati: “A city of opportunities – opening up to refugees as a trigger of urban regeneration” di Francesca Esposito, Violetta Gambino, Francesca Icardi e Marina Mori. Siccome la città di Genova non è in grado di rispondere all’incremento dei nuovi arrivi di profughi, visto anche l’alta densità di palazzi sul territorio, i giovani architetti hanno ideato un progetto non solo di tipo abitativo su tre edifici già presenti e al centro del dibattito pubblico: il silos Hennebique, Palazzo Rosso in via del Lagaccio (l’ex palazzo delle Ferrovie) e la Caserma Gavoglio. Nel progetto i quattro ideatori definiscono Genova come un posto in cui le persone possono pensare che l’immigrazione sia una risorsa piuttosto che un problema.
La questione dei rifugiati, ma nella fase di primissima accoglienza, è lo spunto per il secondo progetto: “Bagwall Handbook” di Andrea Chiabrera e Attilio Delucchi Baroni. La premessa è che i campi profughi, costruiti per rispondere a un’emergenza, spesso diventano luoghi in cui si vive in modo permanente, con migliaia di persone in una tendopoli. L’obiettivo è di definire ed elaborare il concetto di casa, in modo diversi a seconda delle culture dei profughi, ma mantenendo costanti alcuni aspetti, in modo da non annullare il tessuto sociale da cui provengono i rifugiati.
“Vallecas 2048” di Erika Mazza e Roberto Bonutto è invece uno studio di rigenerazione urbana di un sobborgo di Madrid, Vallecas appunto. Sono stati sviluppati due scenari: il primo non necessita di grandi spese ed è immediatamente realizzabile (conversione di aree vuote in spazi agricoli), l’altro potrebbe terminare nel 2048 con un alto investimento (una città compatta ribilanciando spazi pubblici e privati seguendo le regole e gli standard urbani italiani).