Si è tenuto a Rimini il vertice nazionale tra le più importanti associazioni dei balneari – Fiba Confesercenti, Oasi Confartigianato, Assobalneari Confindustria e Sib Confcommercio – dal quale emerge la fotografia di un settore in ripresa dopo l’ottimo bilancio della stagione appena conclusa, a cui tuttavia fa da contraltare la crescente preoccupazione per la sorte delle concessioni demaniali.
L’applicazione della direttiva Bolkestein rimetterebbe in discussione tutte le licenze in essere, lasciando nell’incertezza le 30mila imprese del settore esistenti in Italia. Sulla questione tutto è rimandato ai primi mesi del 2016, quando cioè la Corte di giustizia europea si pronuncerà sulla questione pregiudiziale sollevata dal Tar della Lombardia in merito alla compatibilità tra la normativa comunitaria e le disposizioni del governo italiano, che con la legge Crescita del dicembre 2012 aveva prorogato per altri otto anni, fino al 2020, le concessioni che secondo la Bolkestein sarebbero dovute andare immediatamente a scadenza.
«È inutile dire che migliaia e migliaia di lavoratori sono appesi a un filo – commenta Elvo Alpigiani di Fiba Confesercenti per il Tigullio di ritorno dal vertice di Rimini – esiste infatti il rischio di una sentenza sfavorevole da parte della Corte, la cui conseguenza sarebbe un vuoto normativo a livello nazionale, e l’immediata apertura delle procedure per la messa all’asta delle concessioni. Per questo le quattro associazioni di categoria sono tornare a richiedere al governo un disegno di legge di riordino dell’intero settore balneare». A tal proposito, l’assessore regionale al Demanio Marco Scajola, a sua volta presente all’incontro, ha dichiarato che la Regione Liguria è pronta a dotarsi di una sua legge specifica se il governo non dovesse mettere mano alla normativa nazionale a breve, e comunque prima della sentenza della Corte europea.
Ma se per quanto riguarda le concessioni, al momento, è quindi tutto rimandato alle decisioni che verranno prese in Lussemburgo, dove ha sede la Corte, esistono altri nodi su cui è il governo italiano in prima persona a dover dare una risposta ai balneari, a cominciare dai criteri di quantificazione dei canoni pagati allo stato dai concessionari. «Diversi stabilimenti si sono trovati a fare i conti con canoni insostenibili, in certi casi addirittura dieci volte superiori alla media – spiega Alpigiani – il problema riguarda le strutture con beni incamerati dallo Stato, ma in generale esistono differenze notevoli anche a livello di singoli Comuni. Per questo è necessario ripensare da zero le quotazioni dell’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi) che determinano i coefficienti su cui vengono calcolati i canoni».
Da superare, infine, sono anche le disparità di natura fiscale. Ancora i referenti Fiba: «Le imprese balneari italiane versano un’Iva al 22% che è molto più elevata di quella pagata dai nostri competitor diretti, ovvero Francia e Spagna, ed evidenti sono anche le differenze, a livello locale, nelle tariffe di Tasi, Imu e Tari per le quali chiediamo un’equiparazione».