Una scoperta scientifica straordinaria avvenuta grazie a una serie di telescopi sottomarini (KM3NeT, nella foto) installati al largo della Sicilia e al Sud della Francia. Presentata (in contemporanea mondiale in diretta da Parigi, Amsterdam e Roma dalle sedi dell’Istituto Nazionale di Fisica della Materia e anche a Genova) la rilevazione di neutrini cosmici con energie superiori a un teraelettronvolt (TeV) che consente un’esplorazione unica dei fenomeni astrofisici. Perché serve l’infinitamente piccolo per capire l’infinitamente grande, come era già accaduto per il cosiddetto Bosone di Higgs.
Coinvolte anche l’Università di Genova e diverse aziende locali.
Il neutrino dell’energia stimata di circa 220 PeV (220 x 1015 elettronvolt o 220 milioni di miliardi di elettronvolt), è stato rivelato il 13 febbraio 2023. Ci sono voluti due anni di lavoro di analisi e interpretazione per arrivare alla comunicazione ufficiale e all’articolo che è in copertina su Nature.
«KM3NeT ha iniziato a sondare un intervallo di energia e sensibilità in cui i neutrini rivelati potrebbero avere origine da fenomeni astrofisici estremi. Questa prima rivelazione in assoluto di un neutrino di centinaia di PeV apre un nuovo capitolo nell’astronomia con neutrini e una nuova finestra di osservazione sull’universo», commenta Paschal Coyle, ricercatore del Cnrs – Centre de Physique des Particules de Marseille, Francia, e coordinatore della Collaborazione KM3NeT al momento della rivelazione.
La Collaborazione KM3NeT riunisce oltre 360 scienziate e scienziati, ingegneri, tecnici e studentesse e studenti di 68 istituzioni da 21 Paesi di tutto il mondo. Il contributo dell’Italia è coordinato dall’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che vi partecipa con gruppi di ricerca attivi presso i Laboratori Nazionali del Sud e le Sezioni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Napoli, Padova e Roma e il gruppo collegato di Salerno, in collaborazione con i corrispondenti atenei: Politecnico di Bari, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Università di Catania, Università di Genova, Università Federico II di Napoli, Università degli Studi di Firenze, Università della Campania Luigi Vanvitelli, Università degli Studi di Padova, Sapienza Università di Roma e Università degli Studi di Salerno.
Il ruolo di UniGe, Infn sezione di Genova e delle aziende
All’interno della collaborazione internazionale KM3NeT, opera il gruppo genovese, costituito da circa 20 persone tra ricercatrici, ricercatori, dottorandi e personale tecnico della sezione Infn di Genova e dell’Università di Genova, che ricoprono ruoli di responsabilità e coordinamento, occupandosi anche di molteplici analisi su potenziali sorgenti astrofisiche di neutrini e sui raggi cosmici. Inoltre, la sezione Infn di Genova ospita uno dei laboratori dove le unità di rilevamento vengono assemblate e calibrate prima della loro installazione in mare.
I fornitori industriali sono stati: Ormet srl (integrazione delle stringhe), Ees e Tecnint hte (produzione schede di elettronica (modulo ottico), Colmar, Age Scientific e Telesub Lanterna (sensori acustici come idrofoni e piezo e schede per la gestione di questi sensori), Francesco Baretto spa (realizzazione dell’ancora della base di calibrazione), Galli e Morelli (realizzazione delle ancore delle stringhe e altri componenti meccanici).
Mauro Taiuti, professore dell’Università di Genova, ordinario di Fisica nucleare, direttore della sezione genovese dell’Infn, spiega: «Genova sta realizzando le unità di rivelazione che verranno poi inserite, depositate in mare e andranno ad aumentare il volume sensibile del rivelatori. Poi abbiamo un centro calcolo e un gruppo di ricercatori che sta analizzando i risultati scientifici e intanto sta sviluppando algoritmi per identificare questi eventi e poi sviluppare i modelli per interpretarli».
Il rettore Federico Delfino commenta: «È un grande motivo di orgoglio per il nostro Ateneo. È un segnale molto interessante, davvero importante per il nostro territorio perché si sta parlando di una collaborazione tra Università di Genova, in particolare il dipartimento di Fisica, che è un dipartimento di assoluta eccellenza, e la sezione Ligure dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che ovviamente hanno lavorato in un team internazionale che coinvolge anche scienziati di altri paesi. È evidente che la scienza di base a Genova sia sicuramente un centro importante. Sicuramente sarà fonte di attrattività anche dal punto di vista dell’ingaggio degli studenti».
Cosa significa questa scoperta
Buchi neri supermassicci al centro delle galassie, esplosioni di supernova, i lampi di raggi gamma, sono tutti eventi ancora non completamente compresi. Questi potenti acceleratori astrofisici generano flussi di particelle chiamati raggi cosmici. I raggi cosmici di più alta energia possono interagire con la materia o con i fotoni attorno alla sorgente, per produrre neutrini e fotoni. Oppure, viaggiando nello spazio, possono interagire anche con i fotoni della radiazione cosmica di fondo a microonde che permea l’universo fin dai suoi albori, dando origine ai cosiddetti “neutrini cosmogenici” estremamente energetici.
I neutrini sono tra le particelle elementari più misteriose. Hanno una massa piccolissima, quasi nulla, non hanno carica elettrica e interagiscono solo debolmente con la materia. Per queste loro caratteristiche sono messaggeri cosmici molto speciali, in grado di arrivare da molto lontano e indicarci la direzione della loro sorgente, e quindi di portare fino a noi informazioni uniche sui fenomeni astrofisici più energetici, consentendoci di esplorare i confini più remoti dell’universo.
Rosa Coniglione, ricercatrice dell’Infn ai Laboratori Nazionali del Sud e vicecoordinatrice della Collaborazione KM3NeT, spiega: «Questa osservazione apre la strada a molteplici interpretazioni. Il neutrino di altissima energia potrebbe provenire direttamente da un potente acceleratore cosmico. In alternativa, potrebbe essere la prima rivelazione di un neutrino cosmogenico. Sulla base di un singolo evento è difficile trarre conclusioni sull’origine del neutrino che lo ha prodotto, ma l’energia estremamente elevata lo colloca in una regione totalmente inesplorata, di estremo interesse per la scienza. Future osservazioni di altri eventi di questo tipo serviranno per costruire un chiaro quadro interpretativo».
Taiuti aggiunge: «Abbiamo osservato per la prima volta un evento cercato già da moltissimi anni, anche da un altro telescopio che si trova al Polo Sud, che si chiama IceCube, che era già in funzione prima di noi. Questo tipo di osservazione apre un nuovo capitolo nello studio dell’astronomia, perché abbiamo dimostrato che si possono osservare e identificare particelle di altissima energia che arrivano dalle profondità dell’universo e che portano informazioni che altre particelle non sono in grado di portare. Sarà uno strumento per selezionare le teorie presenti oggi: alcune cadranno, altre si rinforzeranno e darà adito alla possibilità di formulare anche eventualmente nuove teorie. È tutto aperto a questo punto».
Il Mediterraneo è fondamentale: «Per poter osservare queste particelle abbiamo bisogno di rilevatori estremamente grandi, quindi non si possono realizzare in un laboratorio, non si possono realizzare in una galleria, in un tunnel o in una miniera. Il Mar Mediterraneo, l’abbiamo verificato, è un luogo ideale», sottolinea Taiuti.
Perché sott’acqua?
Sebbene i neutrini siano la seconda particella più abbondante nell’universo dopo i fotoni, la loro interazione debole con la materia li rende molto difficili da rivelare e richiede esperimenti di grandi dimensioni come KM3NeT, che utilizza l’acqua di mare come mezzo di interazione per i neutrini. I suoi moduli ottici ad alta tecnologia rivelano la luce Cherenkov, un bagliore bluastro che si genera durante la propagazione nell’acqua delle particelle ultrarelativistiche prodotte nelle interazioni dei neutrini. Il segnale rivelato è stato identificato come un singolo muone (una delle particelle elementari) che ha attraversato l’intero rivelatore, inducendo segnali in più di un terzo dei suoi sensori. L’inclinazione della sua traiettoria combinata con la sua enorme energia fornisce una prova convincente che il muone ha avuto origine da un neutrino cosmico che ha interagito nelle vicinanze del rivelatore.
«Per determinare la direzione e l’energia di questo neutrino è stata necessaria una calibrazione precisa del telescopio e sofisticati algoritmi di ricostruzione della traccia. Inoltre, questa straordinaria rivelazione è stata ottenuta con solo un decimo della configurazione finale del rivelatore, dimostrando il grande potenziale del nostro esperimento per lo studio dei neutrini e per l’astronomia con neutrini», commenta Aart Heijboer, ricercatore di Nikhef National Institute for Subatomic Physics, Paesi Bassi, e physics and software manager di KM3NeT al momento della rivelazione.
Il rilevatore italiano si chiama Arca (Astroparticle Research with Cosmics in the Abyss) e si trova a 3450 m di profondità, a circa 80 km al largo della costa di Portopalo di Capo Passero, in Sicilia. Le sue unità di rivelazione (detection unit, DU) alte 700 m sono ancorate al fondale marino e posizionate a circa 100 m di distanza l’una dall’altra. Ogni DU è dotata di 18 moduli ottici digitali (Digital Optical Module, DOM), ciascuno contenente 31 fotomoltiplicatori (photomultiplier). Nella sua configurazione finale, ARCA comprenderà 230 DU. I dati raccolti vengono trasmessi tramite un cavo sottomarino alla stazione di terra dei Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN.
In Francia c’è il rilevatore KM3NeT/Orca (Oscillation Research with Cosmics in the Abyss), che è ottimizzato per studiare le proprietà fondamentali dei neutrini. Si trova a una profondità di 2450 m, a circa 40 km dalla costa di Tolone, Francia. Sarà composto da 115 DU, ciascuna alta 200 m, e distanziate fra loro di 20 m. I dati raccolti da Orca vengono inviati alla stazione di terra di La Seyne Sur Mer.
L’Infn è tra i principali enti che partecipano alla Collaborazione KM3NeT. Sin dagli anni Novanta del secolo scorso, l’Infn ha avuto un ruolo guida nello sviluppo dell’astronomia con neutrini nel Mediterraneo, con l’esperimento Antares e l’esteso programma di ricerca e sviluppo del progetto Nemo. Le responsabilità italiane in KM3NeT includono la realizzazione della stazione di terra di Arca e la progettazione dell’infrastruttura sottomarina.
Finanziamenti importanti
Per la realizzazione del telescopio e per il suo prossimo completamento è stato determinante il contributo dell’Unione Europea, anche con fondi Pondel Mur e Por della Regione Siciliana e dei fondi Pnrr. L’Infn, tramite i finanziamenti Pon KM3NeT_IT e Pack e Por Regione Siciliana (Progetto Idmar), ha già effettuato investimenti per la costruzione di Arca per 95 milioni di euro. In particolare, grazie al progetto Idmar è stato dato un impulso decisivo alla realizzazione della prima fase del telescopio e alla sua predisposizione per il completamento finale. Grazie al finanziamento di ulteriori 67 milioni di euro, su fondi Pnrr della Missione 4 coordinata dal Mur dedicati al potenziamento di grandi infrastrutture di ricerca, l’infrastruttura ARCA potrà espandersi fino a diventare il più grande telescopio per neutrini al mondo.