«L’obiettivo è chiudere i lavori entro novembre 2026». Risponde così il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini, oggi a Genova, ai giornalisti che gli chiedono dei ritardi accumulati nella realizzazione della nuova diga foranea. Lo scrive l’Agenzia Dire.
«Ieri in Consiglio dei ministri – ha detto – c’è stato un passaggio importante nel nome della tutela ambientale e dell’economia circolare: i materiali di scavo di altri cantieri, penso al tunnel e al porto, verranno usati per riempire e tenere stabili i cassoni della diga. Si risparmiano soldi e tempo, si evitano centinaia di Tir in giro per Genova e la Liguria». «L’obiettivo – ha concluso – è mantenere i tempi previsti».
Dopo le dichiarazioni di Salvini arriva il commento della Uil: «Non nascondiamo la nostra preoccupazione per la realizzazione della nuova Diga di Genova, l’opera più importante prevista dal Pnrr sul nostro territorio – spiega Emanuele Ronzoni, commissario straordinario Uil Liguria – le avvisaglie sui ritardi ci sono e non vorremmo che l’iter si trasformasse in una Gronda mai nata, in uno Scolmatore che si ferma per l’interdittiva antimafia o in un Terzo Valico che incontra più di una difficoltà lungo il cammino».
Ronzoni evidenzia che: «In questa breve ma intensa campagna elettorale abbiamo visto sciorinare l’elenco delle opere che sono partite e anche la lista delle opere da realizzare. Tuttavia, la Liguria non può essere un cantiere eterno né un cantiere opaco ricettacolo di irregolarità e tempistiche che sfuggono alle umane previsioni». La Uil vuole essere certa che i contratti applicati all’interno degli eterni cantieri vengano rispettati, che siano contratti pertinenti alle mansioni svolte, che operatori e manovalanza impiegati lavorino in sicurezza senza dover rincorrere ogni volta le irregolarità inoltrandosi nella giungla di appalti e subappalti come accade, ad esempio, nei casi di infortuni mortali o gravi. «Le promesse dei candidati devono diventare certezze per essere amministratori credibili di un territorio che, purtroppo, non è solo in affanno ma in agonia».