È alla Spezia, ma è un centro propulsore di tecnologie marine baricentrico per la Liguria e di interesse strategico per il sistema Paese il Distretto Ligure delle Tecnologie Marine. Ha sede nell’ex ospedale militare marittimo Falcomatà, dove sono ospitate anche attività della Marina Militare, dell’Università di Genova e di Promostudi (Fondazione che gestisce il polo universitario spezzino dove si svolgono corsi di laurea dell’Università di Genova-Scuola Politecnica): una vera e propria cittadella delle scienze e delle tecnologie marine.
Il Dltm è uno dei cinque Poli di ricerca e innovazione istituiti dalla Regione Liguria con il ruolo di sviluppare progetti, rafforzare il collegamento tra il mondo scientifico e quello imprenditoriale e favorire la collaborazione tra grandi, medie e piccole imprese nell’ambito della blue economy. È stato costituito nel luglio 2009 come società consortile a responsabilità limitata a maggioranza privata, sulla base di un accordo di programma quadro sottoscritto dalla Regione Liguria e dai ministeri dell’Istruzione, Università e Ricerca e dello Sviluppo Economico.
Lo ha ideato e fondato Giovanni Lorenzo Forcieri, senatore dal 1992 al 2006, nel biennio successivo sottosegretario alla Difesa con delega per la Marina Militare, poi presidente dell’Autorità portuale spezzina dal 2009 al 2016. Forcieri ha voluto che il Distretto avesse sede alla Spezia – considerata la storia del territorio, la presenza di una base militare importante e di grandi industrie – e che stesse insieme al polo universitario anche fisicamente.
«L’idea del Dltm – spiega – mi venne tanti anni fa, intorno al 2005, quando la Regione Liguria decise di dar vita a un distretto tecnologico dove aggregare attività presenti a Genova nel Siit, Sistema intelligenti integrati tecnologici, una società consortile che aveva lo scopo di realizzare un sistema integrato tra grande, piccola e media impresa, Università di Genova, istituzioni pubbliche, di ricerca, finanziarie. Il Siit era orientato su diverse aree tematiche, e allora pensai che, poiché la Liguria è una regione che trova nel mare la sua massima esplicazione, sarebbe stato opportuno creare un distretto tecnologico dedicato alle tecnologie marine».
Non fu una cosa semplice. «Ci furono resistenze, dubbi che questa iniziativa potesse in qualche modo disturbare l’avvio dell’altro distretto. Alla fine si fece un accordo con l’allora presidente della Regione: noi ci saremmo impegnati nelle iniziative preparatorie, intanto il Siit sarebbe partito e si sarebbe consolidato e la Regione e il Governo avrebbero definito i contributi che gli spettavano. In modo che non ci fosse alcun dubbio che i nostri eventuali contributi non andassero a danneggiare il distretto genovese».
Il presidente della Regione fu di parola, ricorda Forcieri, perché, una volta definite le questioni del Siit, il progetto partì. «L’accordo di programma stipulato tra Regione Liguria, Miur e Mise il 18 dicembre 2008 e la successiva integrazione del 14 febbraio 2012 prevedevano un intervento complessivo a favore del Dltm di 56 milioni di euro. Abbiamo presentato diversi progetti in partnership che coinvolgevano in misura variabile gli associati del Dltm, grandi imprese, pmi, Università, enti pubblici di ricerca per un totale di 34 associati e presentati al Miur per valutazione per un impegno complessivo di 66.648.580 euro. Il numero degli associati è cresciuto nel tempo. Una novità è che insieme al ministero dell’Università e della Ricerca, questo è l’unico consorzio che ha il ministero della Difesa, la Marina Militare in particolare. Un rappresentante della Marina Militare fa parte del consiglio di amministrazione del distretto, anche se è insieme agli altri ministeriali e senza diritto di voto».
– Il Dltm ha come competenza soprattutto la Liguria, interessa tutto il territorio ligure, ma la sua sede non è a Genova, è alla Spezia. Come si spiega?
«Questo territorio è storicamente legato al mare, inoltre il Dltm è l’unico distretto che prevede una presenza del settore militare. Fin dall’inizio si lavorò molto sul tema delle tecnologie duali che interessassero non soltanto il civile ma anche il militare navale. Credo che La Spezia fosse in qualche modo la sede naturale per questo tipo di distretto. Inoltre bisogna dire che è vero che una posizione decentrata in genere non favorisce, però c’è stato in quegli anni un tentativo della Regione di regionalizzare le strutture regionali: pensiamo per esempio all’apertura alla Spezia della sede decentrata dell’Università, inizialmente sui temi dell’architettura e del design, oggi abbiamo corsi di laurea o laurea magistrale in Ingegneria Nautica, Ingegneria Meccanica, Design navale e nautico, Diritto ed Economia delle Imprese, e un polo sanitario che comprende corsi di laurea in Fisioterapia e Infermieristica. Credo che alla fine si sia messo in moto un processo virtuoso che vede la regione come un tutt’uno e non come un insieme di zone separate, molto spesso anche in conflitto tra di loro, come è avvenuto in passato. Così evitiamo di fare la fine dei polli di Renzo, combattendo tra di noi mentre gli altri prendono i finanziamenti, fanno le opere e noi rimaniamo indietro».
– Nel Dltm convivono grandi e piccole aziende, questo comporta un trasferimento di competenze da l’una alle altre?
«Intanto la Regione ci fece una richiesta, che credo molto intelligente, cioè di far partecipare le piccole e medie imprese non singolarmente ma attraverso la realizzazione di un consorzio in modo che avessero una voce unica. Il consorzio, che si chiama Tecnomar e di cui è presidente Cristiana Pagni, oggi associa 75 imprese e ha la funzione di favorire il trasferimento di tecnologia dalle grandi alle piccole, aiutare queste ultime a crescere utilizzando il rapporto positivo con le grandi attraverso il distretto e d’altra parte permettere alle grandi di usufruire di una rete di fornitori che diventano in sostanza dei collaboratori. Si è dato vita a un sistema integrato in cui si incontrano le imprese, la ricerca e l’industria».
– Sono intervenuti anche i centri di ricerca e l’Università?
«Certo, e noi abbiamo lavorato per far incontrare la ricerca applicata e la produzione. Il rapporto positivo tra il mondo dell’università e della ricerca e quello dell’impresa ha portato alla nascita di importanti progetti. La dinamica è questa: le imprese evidenziano le loro esigenze e il mondo della ricerca si sforza di trovare soluzioni innovative a queste esigenze. Inoltre le piccole imprese da sole non sarebbero in grado di affrontare il mercato internazionale, per esempio partecipando alle fiere, senza supporti adeguati. E noi abbiamo dato un sostegno anche da questo punto di vista, per eventi sia nazionali sia internazionali. Per la ricerca abbiamo utilizzato in modo particolare una legge che poi purtroppo non è stata rifinanziata, la legge 297 del 1994, che prevedeva la possibilità di erogare contributi sia a fondo perduto, sia a credito agevolato, per progetti specifici di ricerca, poi ci sono le ricerche, le leggi regionali sul Pes, sui finanziamenti europei, eccetera e il distretto ha fatto da agevolatore per questo tipo di lavoro. Sono stati sviluppati parecchi progetti come il Pyxis, ossia lo Studio di un “albero integrato” per il sistema navale militare per ridurre i conflitti tra le apparecchiature, o lo Swad, lo sviluppo di veicoli autonomi in acque profonde, ma anche ForteMare, un progetto di formazione nelle tecnologie marine. I progetti sviluppati grazie alla 297 sono progetti di ricerca che alla fine ti danno un prodotto finito. Non ti danno uno studio, ti danno una soluzione a un problema. Abbiamo fatto per esempio un progetto di ricerca insieme a Termomeccanica Italiana per lo sviluppo di un sistema di pompe più performanti e più leggere nella composizione dei materiali che, mi hanno riferito dall’azienda, è stato uno degli asset con cui hanno vinto un grosso appalto in Russia».
– Quindi aiutate le aziende a essere più competitive…
«Sì. Perché la competizione esiste, e si può competere in due modi: abbassando i prezzi, sfruttando la mano d’opera, non rispettando la sicurezza, tutte cose che che purtroppo in parte si fanno, oppure elevando le proprie capacità per competere sulla qualità e per competere sulla qualità bisogna sviluppare nuova tecnologia. E in questo processo noi abbiamo riscontrato un problema serio, che è nella burocrazia. Nel caso dei nostri progetti sulla 297, approvati e ammessi ai finanziamenti, la burocrazia richiede tutta una serie di procedure, costringe l’azienda a investire inizialmente risorse proprie in attesa che arrivino i contributi richiesti. Alcune aziende ce la fanno, altre si trovano in difficoltà. Questo della burocrazia è un problema serio».
– Nel Distretto chi valuta questi progetti?
«Abbiamo oltre al consiglio di amministrazione un comitato tecnico-scientifico formato da persone di grande valore, professori di varie materie, che esprime il giudizio sui progetti presentati. L’azienda avanza un’ipotesi che va al Comitato tecnico-scientifico. Ed è il Comitato tecnico-scientifico che dice sì, questa è una ricerca valida da finanziare perché può produrre qualche cosa di positivo per l’azienda e per il sistema paese. Non c’è nessuna pratica, nessun finanziamento, nessun progetto che sia passato al consiglio d’amministrazione senza essere stato prima approvato e valutato positivamente dal Comitato tecnico scientifico, e questo credo sia un’altra delle caratteristiche importanti del nostro del nostro distretto».
– Nelle tecnologie marine sta diventando sempre più importante il settore militare, vista la situazione internazionale...
«Sì, ma qui nello spezzino c’è tutto, il porto, la produzione di energia, il turismo, la Marina Militare, i cantieri civili, i cantieri militari. C’è un micromondo dove c’è proprio tutto. I cantieri militari ma anche i cantieri civili della nautica da diporto. Col sindaco Pagano allora, e con altri, abbiamo sempre cercato di lanciare e di difendere, di valorizzare alla Spezia l’economia della diversità. E non è facile mantenere l’equilibrio, c’è sempre il pericolo che un’economia possa prevaricare sulle altre».
– La situazione internazionale impegna l’Italia nel Mediterraneo, anche per questo il settore militare accresce la sua importanza?
«Sì, ma l’Italia, questo molo che si protende nel Mediterraneo ed è il fronte Sud dell’Europa ma anche una cerniera tra Ovest ed Est, si trova al centro di tensioni non solo negative, anche positive. Noi abbiamo rapporti sia con la sponda Nord sia con la sponda Sud, Marocco, Tunisia, Turchia. C’è tutto un sistema di relazioni che sviluppando questi progetti di ricerca, di valorizzazione, alla fine crea anche un sistema di cooperazione, di collaborazione che favorisce il mantenimento dei rapporti positivi e della pace, almeno in quest’area».
– Voi siete tra i protagonisti di Sea Future, dedicata a difesa, blue economy e sostenibilità ambientale: il Dltm ha quindi una vocazione duale e in un contesto internazionale come quello attuale si pone come luogo di incontro non solo per le aziende ma anche per le Marine Militari.
«Sea Future è organizzata da una società che si chiama Ibg, Italian blue growth, di cui il distretto ha il 40% delle quote, la Tecnomare il 40%, e il 20% è di Eiead (European institute for eurasian dialogue). Il ceo di Ibg è Cristiana Pagni. Questa kermesse biennale organizzata in partnership con la Marina Militare che, tra l’altro, fornisce gli spazi – una parte dell’Arsenale – e gestisce le delegazioni, cresce di anno in anno, ormai è l’evento internazionale più importante in Italia del settore Blue Economy e il primo hub nel Mediterraneo che prende in considerazione tutti gli aspetti della politica marittima integrata, basata sulla strategia della “Blue Growth”, così come indicato dalla Commissione europea. All’edizione scorsa hanno partecipato più di 300 aziende».
Il Dltm, uno dei cinque Poli dell’ecosistema regionale sull’innovazione
Il Distretto Ligure delle Tecnologie Marine è uno dei cinque Poli di ricerca e innovazione istituiti dalla Regione Liguria (oltre a esso sono attivi il Polo ligure Scienze della vita, il Polo Sosia su Sicurezza e automazione, il Polo Transit su Logistica e trasporti e il Polo di innovazione Energia ambiente e sviluppo sostenibile). Un percorso, quello dei Poli, iniziato nel 2010 e razionalizzato nel 2016 con il rilancio e la concentrazione in macro-aree di intervento. Nel quadro della strategia regionale, i Poli di innovazione sono gli intermediari specializzati della ricerca e dell’innovazione, con il ruolo di rafforzare il collegamento tra il mondo scientifico e quello imprenditoriale, ma anche di favorire la collaborazione tra grandi e piccole imprese, oltre che sviluppatori di progetti.
«È un ecosistema composto da cinque realtà in cui quella spezzina riveste un ruolo fondamentale – spiega l’assessore allo Sviluppo economico della Regione Liguria Alessio Piana – è importante anche nell’ambito della nautica, nello sviluppo di quello che viene definito il Miglio Blu, e per la messa a sistema non soltanto in quel contesto territoriale, ma in tutta la regione e di tutto il mondo delle imprese che gravita attorno alla cantieristica, ma non solo».
La peculiarità della sede del Dltm alla Spezia non è un caso: «La sinergia anche con l’Arsenale, con la Marina Militare è strategica per i progetti legati alla Difesa, così come lo è quella con Promostudi che gestisce il Campus universitario nell’ottica di fornire personale altamente specializzato».
Le imprese associate al Dltm in questi anni hanno dato vita a un numero importante di progetti attraendo risorse per lavorare nell’ambito della ricerca e dello sviluppo della tecnologia in ambito marino. «Questi poli hanno una funzione di catalizzatore per le imprese e di aiuto fondamentale nella partecipazione ai bandi – sottolinea Piana – realizzano l’incontro tra mondo della ricerca e della conoscenza e il mondo dell’impresa, sono facilitatori di contatti, di sistemi di filiera e di sinergie tra professionalità differenti che vanno dall’alta tecnologia all’artigianato specializzato e quindi costituiscono proprio per questa loro peculiarità veramente un punto di riferimento importante di crescita e di sviluppo».