La Liguria fa parte delle 11 regioni in cui è stata superata la soglia di saturazione del 40% dei posti letto in area medica occupati da pazienti Covid positivi e delle 11 regioni in cui è stata superata quella del 30% per le terapie intensive.
Questi i risultati del monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe sulla settimana 4-10 novembre.
Il monitoraggio Gimbe della seconda ondata è stato oggetto lo scorso 10 novembre di un’audizione alla XII commissione Affari sociali della Camera, dove il presidente ha innanzitutto ribadito la necessità di rendere disponibili in formato aperto, dettagliati e interoperabili tutti i dati, richiamando la campagna #datiBeneComune. Quindi ha rilevato le criticità tecniche dell’attuale sistema di monitoraggio della pandemia che informa le scelte di governo: dalla limitata tempestività – dovuta ai tempi di consolidamento dei dati e ai crescenti ritardi di notifica da parte delle Regioni – che favorisce la corsa del virus, alla qualità e completezza dei dati regionali, dalla complessità tecnica al peso eccessivo attribuito all’indice Rt.
«L’attribuzione dei colori alle Regioni – ha spiegato Cartabellotta – viene effettuata utilizzando due parametri principali: lo scenario identificato dai valori dell’indice Rt e la classificazione del rischio attraverso i 21 indicatori del Dm 30 aprile 2020. Tuttavia, il valore di Rt è inappropriato per informare decisioni rapide perché, oltre ad essere stimato sui contagi di 2-3 settimane fa, presenta numerosi limiti».
Perché l’indice Rt ha dei limiti:
Viene stimato solo sui casi sintomatici, circa un terzo dei casi totali;
si basa sulla data inizio sintomi che molte Regioni non comunicano per il 100% dei casi, determinando una sottostima dell’indice;
è strettamente dipendente dalla qualità e tempestività dei dati inviati dalle Regioni;
quando i casi sono pochi, rischia di sovrastimare la diffusione del contagio.
«In questa fase di drammatica crescita dei contagi, rapida saturazione degli ospedali e impennata dei decessi – conclude Cartabellotta – il sistema di monitoraggio che informa le decisioni politiche secondo il Dpcm del 3 novembre 2020 non è uno strumento decisionale adeguato. È tecnicamente complesso, soggetto a numerosi “passaggi” istituzionali, risente di varie stratificazioni normative, attribuisce un ruolo preponderante all’indice Rt che presenta numerosi limiti e, soprattutto, fotografa un quadro relativo a 2-3 settimane prima. Ovvero, usando lo specchietto retrovisore, invece del “binocolo”, si rallenta la tempestività e l’entità delle misure per contenere la curva epidemica. Senza un immediato cambio di rotta sui criteri di valutazione e sulle corrispondenti restrizioni, solo un lockdown totale potrà evitare il collasso definitivo degli ospedali e l’eccesso di mortalità, anche nei pazienti non Covid-19».
I dati nazionali, impennata di decessi e contagi tra sanitari
A livello nazionale si registra un incremento dei decessi del 70,4%. «Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – si conferma l’incremento di oltre il 40% dei casi attualmente positivi che si riflette sul numero dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, con gli ospedali sempre più vicini alla saturazione, oltre che sul numero di decessi, che nell’ultima settimana hanno superato quota 2.900».
Rispetto alla settimana precedente in quasi tutte le Regioni si rileva un lieve rallentamento dell’incremento percentuale dei casi che potrebbe dipendere sia dall’effetto delle misure di contenimento introdotte a fine ottobre, sia dalla saturazione della capacità di testing, visto che i casi attualmente positivi continuano ad aumentare ovunque. Destano particolare preoccupazione i tassi di occupazione ospedalieri.
Altro dato critico sulla gestione e sull’evoluzione dell’epidemia è il numero degli operatori sanitari contagiati in Italia dal momento che «negli ultimi 30 giorni – spiega il presidente – si sono verificati 19.217 contagi, rispetto ai 1.650 dei 30 giorni precedenti. Oltre al rischio di focolai ospedalieri, in RSA e in ambienti protetti, preoccupa l’impatto sul personale sanitario, già in carenza di organico oltre che provato dalla prima ondata».