Un partito che in meno di cinque anni dal nulla è diventato il primo della regione, big del Pd bocciati dal loro elettorato, bocciata anche l’ex vicepresidente della giunta regionale e assessore della Sanità Sonia Viale, protagonista della lotta contro il Covid, forte ridimensionamento del Movimento 5 Stelle. Dopo la vittoria, clamorosa nelle sue dimensioni, del governatore uscente Toti, risultata chiara già ieri pomeriggio, sono questi i dati che colpiscono riflettendo sull’esito di questa tornata elettorale.
Toti nel 2015 aveva vinto in primo luogo per le divisioni della sinistra, che si era presentata con una coalizione guidata dal Pd a sostegno di Raffaella Paita (ottenendo quasi il 28% dei voti) e una che candidava a presidente l’ex Pd civatiano Luca Pastorino, arrivato al 9,5%. Inoltre l’ex delfino di Berlusconi aveva potuto contare sulla Lega in ascesa, forte del 20,25% circa dei voti. Con il 34,45% dei voti e proposto da un partito come Forza Italia che non arrivava al 13%, aveva battuto avversari che insieme totalizzavano quasi il 66%.
Ieri la lista del governatore uscente ha conquistato il 24%, diventando il primo partito della Regione. Quello che qualche anno fa sembrava un generale senza un esercito proprio, costretto a manovrare le truppe degli alleati, oggi con la sua lista Cambiamo! ha ai suoi ordini gli effettivi più potenti dell’alleanza (il partito di Salvini si è fermato a 15,8%, Forza Italia è passata dal 12,66% del 2015 al 4,63, e a tenere testa a Cambiamo! all’interno del centrodestra è Fratelli d’Italia, notevole per il ritmo della crescita (dal 3,1% del 2015 al 10,79% del 2020) e per la vivacità dimostrata in questi ultimi mesi nel resto del paese. La Lega oltre ad avere perso una quantità notevole di voti non è riuscita a fare rieleggere il suo esponente di maggiore rilievo in giunta: la ex vicepresidente e assessore alla Sanità Sonia Viale. Mentre i fedelissimi di Toti, Marco Scajola nella circoscrizione di Imperia, Ilaria Cavo in quella di di Genova e Giacomo Giampedrone nello spezzino si sono rivelati vere macchine da guerra, piazzandosi ai primi posti tra i candidati più votati.
«C’è stata un’onda molto forte – dichiara a Liguria Business Journal Claudio Scajola, sindaco di Imperia e leader della lista civica Polis che si è presentata insieme a Forza Italia e Liguria popolare – che ha trascinato Toti e il suo simbolo, permettendogli di raccogliere consensi che una volta andavano a Forza Italia e ad altre forze moderate, e ha reso certamente più complicata l’affermazione di un simbolo come quello di FI, oggi molto logorato». In effetti Forza Italia-Polis-Liguria Popolare non sono riusciti a portare in consiglio regionale nomi di peso, come l’ex assessore comunale Arianna Viscogliosi e Tonino Bettanini.
«In una situazione come questa – precisa Scajola – devo osservare che il risultato finale di FI-Polis in Liguria, è più alto della media nazionale ottenuta da FI, il 4% circa. E posso dire anche che nella mia città FI-Polis ha raggiunto l’11% e nella provincia di Imperia l’8%. Abbiamo dato un contributo alla vittoria di Toti. E abbiamo anche gettato un seme che ha dato i suoi frutti perché la stessa Cambiamo! nell’ultimo periodo ha mutato fisionomia, assumendo sempre più il ruolo di un movimento civico che si rifà al mondo dei moderati. Alla fine Polis e Cambiamo! gravitavano nella stessa area, con la differenza che il movimento di Toti aveva dalla sua il peso del governatore, la sua presenza costante sul territorio per cinque anni da presidente della Regione e la sua capacità comunicativa».
A spingere in alto Toti nel giudizio degli elettori per quanto riguarda l’attività amministrativa deve essere stata soprattutto la sua collaborazione con Bucci nella vicenda di Ponte Morandi, con esito apprezzato dall’opinione pubblica non solo genovese e ligure. Probabilmente hanno influito anche la gestione dell’emergenza Covid, nonostante carenze e criticità dimostrate (del resto non solo in Liguria) dal sistema sanitario, e un aiuto inaspettato. Durante la nota crisi della circolazione autostradale ligure di quest’estate che ha messo in difficoltà aziende di vari comparti, e indignato l’opinione pubblica, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, è venuta a Genova a dichiarare che la presunta crisi era frutto di una “narrazione sbagliata”. L’impressione di chi ha sentito le voci alterate dall’ira degli operatori liguri che commentavano le dichiarazioni del ministro è che quel giorno molti cittadini incerti sulle responsabilità di Autostrade, Regione e Governo Pd-M5S non abbiano più avuto dubbi sulle manchevolezze di Roma.
L’altro dato che balza agli occhi è la bocciatura della dirigenza ligure del Pd che si aggiunge alla sconfitta della coalizione pro Sansa. L’ex capogruppo del Pd in consiglio regionale (peraltro candidato nella circoscrizione di Genova, che non è la sua) Giovanni Lunardon, e Alberto Pandolfo, consigliere comunale a Genova e segretario provinciale, sono stati bocciati dagli elettori, mentre Sergio Pippo Rossetti, già assessore e due volte consigliere in Regione, è riuscito a farsi eleggere solo con uno scarto di un centinaio di voti, superando la giovane sindaco di Rossiglione, Katia Piccardo all’ultimo momento. Va anche considerato che il più votato dei Pd è stato un altro amministratore dell’entroterra, Armando Sanna, sindaco di Sant’Olcese.
Le cause di quella che appare come una bocciatura dell’establishment genovese del partito probabilmente sono da ricondurre, tra l’altro, alla lunga e confusa trattativa con le altre forze della sinistra e con M5S, conclusa con la candidatura a presidente di Ferruccio Sansa e con i grillini che in questi anni hanno condannato aspramente l’attività dei democratici. Sansa, inoltre, a causa dei mesi perduti nelle discussioni tra Genova e Roma e tra i vari componenti dell’alleanza si è trovato a disporre di pochissimo tempo per la sua campagna elettorale, contro un avversario presente sulla scena da cinque anni.
Il fallimento della lista Massardo era nei pronostici. Erede sul piano culturale-politico di forze (Pli, Pri, Psdi, parte del Psi) che nella storia della cosiddetta prima Repubblica hanno avuto anche un ruolo rilevante ma sempre pochi voti, la coalizione che sosteneva Massardo mancava di Azione ed Energie per l’Italia. Pochi e divisi, e nessun seggio. Così personaggi di notevole esperienza come Arcangelo Merella non entreranno in consiglio.
Dopo due anni di Governo non esaltante e un calo continuo a ogni tornata elettorale, non sorprende la débacle di M5S che si è fermato al 7,78% (ben lontano da quel 22,29% di cinque anni fa), conquistando solo due seggi e dimostrando anche in Liguria la propria irrilevanza in queste elezioni regionali.