Partirà il prossimo ottobre e si svolgerà fino a marzo 2021 il Primo piano coordinato di monitoraggio nazionale del lupo con 4.000 operatori, grazie ad avanzate tecniche di indagine e perlustrazioni in circa 1.000 celle di dieci chilometri quadrati sull’ intero territorio dalle Alpi alla Calabria. Obiettivo: ottenere una stima aggiornata della popolazione del lupo e della sua distribuzione in Italia. Tutti i progetti attivati in prececenza hanno avuto carattere locale e circoscritto nel tempo, limitando la possibilità di produrre una stima accurata a livello nazionale.
Il monitoraggio coordinato dall’ Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) che ha ricevuto mandato dal Ministero dell’ Ambiente, per la prima volta da quando il lupo è stato protetto, si basa su disegni di campionamento e protocolli standardizzati avanzati, messi a punto dallo stesso istituto, per cui saranno coinvolti Regioni, Parchi Nazionali e Carabinieri forestali. Ispra ha costituito un gruppo di lavoro specializzato, che coinvolge zoologi e genetisti, e attivato una collaborazione con Federparchi Europarc Italia (la Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali) e con il progetto Life WolfAlps-Eu.
Nello stesso periodo il progetto Life Wolfalps-Eu coordinerà e realizzerà un analogo campionamento nelle regioni alpine, dalla Liguria al Friuli-Venezia Giulia. Ispra quindi assicurerà un percorso di formazione, anche online, per il personale tecnico coinvolto e verrà prodotta un’ applicazione, scaricabile dagli operatori del monitoraggio, che utilizza protocolli standardizzati impiegati anche in altri Paesi europei.
Il lupo tornato in Liguria discende dai pochi esemplari di lupo appenninico scampati allo sterminio dei decenni scorsi. Le analisi genetiche eseguite sugli esemplari trovati morti e sui campioni di pelo, urina ed escrementi hanno permesso di stabilire con certezza come gli esemplari che hanno iniziato la ricolonizzazione della Liguria e dell’arco alpino italiano e francese appartengano al lupo appenninico.
Diffusissimo un tempo su tutto l’arco montuoso ligure, come testimoniano numerosi toponimi, leggende, fiabe, proverbi, modi dire che lo vedono protagonista, il lupo era scomparso dalla Liguria agli inizi del Novecento. Ma in Italia non era mai sparito del tutto. Anche negli anni più bui, i decenni tra il dopoguerra e gli anni Settanta, la penisola era rimasta, con i monti iberici, quelli balcanici e vaste zone dell’ex Unione Sovietica, uno dei pochi territori europei che ancora ospitavano il lupo. Per tutto l’Ottocento la persecuzione era stata spietata, il diminuire della fauna selvatica aveva fatto il resto: solo nell’Appennino centro-meridionale erano riuscite a sopravvivere piccole popolazioni.
La scomparsa definitiva del lupo è stata scongiurata dall’emanazione, nel 1971, di un decreto ministeriale che ne vietò l’uccisione su tutto il territorio nazionale. Determinante è stata anche la protezione offerta dal Parco Nazionale d’Abruzzo e dagli altri parchi dell’Appennino centrale. Lo spopolamento della montagna e della collina, l’abbandono dell’agricoltura in molte aree che ha permesso il riformarsi dei boschi e il ritorno dei grossi ungulati, cervo, capriolo e cinghiale, sue prede preferite, hanno restituito al lupo habitat idoneo e cibo sufficiente. Ora il lupo popola tutta la dorsale appenninica, dalla punta della Calabria alla congiunzione con le Alpi Marittime e le stesse Alpi, nel versante orientale, al confine con Francia e Svizzera.