Uno dei rimedi popolari contro il gran caldo, si sa, è il succo di limone, in genere bevuto insieme all’acqua fresca, o messo nel vino come nella sangria, o in cocktail, alcolici e analcolici, e in sorbetti. Anche con le carni l’agro del limone viene utilizzato comunemente, per alleggerire il piatto e renderlo più stuzzicante: le scaloppine di pollo o vitello cotte nel burro con una spruzzata di succo di questo agrume sono giustamente apprezzate e non solo nei mesi estivi.
Oggi presentiamo una ricetta meno nota ma meritevole di essere conosciuta, la salsa al limone, tratta da un libro affascinante, di Maria Carla Beretta: “Dita di Nettuno – Le abbazie del Monte di Portofino e la loro cucina da un ricettario del 1880” (Edizioni Tigullio-Bacherontius).
Beretta ha selezionato le ricette che riteneva più significative e proponibili ai nostri tempi dalla “Cucina di Strettissimo Magro senza carne, uova e latticini composta per comodo del pubblico per S.D. dei Minimi di San Francesco di Paola” pubblicata a Genova nel 1880.
La studiosa ha scoperto che l’autore era padre Gaspare – al secolo Stanislao – Delle Piane, genovese, dell’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola, che quando pubblicò il libro era superiore dell’Abbazia di San Niccolò di Capodimonte, tra San Fruttuoso e Camogli. Il ricettario di Delle Piane si può considerare frutto dell’esperienza dei religiosi delle abbazie del Monte di Portofino, tenuti a seguire un’alimentazione di strettissimo magro e, secondo Beretta, è anche chiaramente di tradizione genovese e rivierasca. Delle Piane, sacerdote colto, studioso di filosofia e medicina, avrebbe dato forma organica alle ricette dei conventi della zona.
«L’origine locale dei piatti – scrive la studiosa – è indubbia: alcune ricette sono quasi identiche a quelle classiche della cucina genovese e rivierasca, altre sono decisamente particolari e sorprendenti. Gli ingredienti sono sempre quelli reperibili in quegli anni nel mare, nei campi e negli orti del Monte di Portofino. Anche vari nomi di pesci, ortaggi e oggetti di uso abituale nelle cucine dell’epoca tradiscono inequivocabilmente la loro origine di questa zona o comunque del Genovesato».
Secondo la ricetta, pubblicata a pagina 56 del libro, edizione 2004, si frullano 40 grammi di pinoli – lasciati per tre ore in acqua fredda – con quattro filetti di acciuga, sei cucchiai di olio e quattro cucchiai di succo di limone. Si mescola bene e la salsa è pronta.
Una salsa che, a nostro avviso, può accompagnare benissimo pesci e carni bianche, e anche carni rosse fredde in insalata. E altro che la vostra fantasia potrebbe suggerirvi.
Il vino da abbinare andrà scelto in base all’ingrediente condito dalla salsa.
Placet experiri!