Triage standard da eseguire prima della visita in ambulatorio, riorganizzare delle agende, ampia disponibilità di dpi e termoscanner e maggiore utilizzo di telemedicina e teleconsulto.
Sono le quattro proposte che, secondo la sezione ligure di Arca, Associazioni regionali cardiologi ambulatoriali, permetteranno al territorio di ripartire, contenendo il contagio e agendo in sicurezza nei prossimi mesi. Le proposte sono state inviate ai vertici regionali, ad Alisa e ai direttori generali delle Asl.
Secondo l’Arca, alla luce dei recenti report dell’Istituto Superiore di Sanità, la letalità media nei pazienti diagnosticati positivi al Covid-19 è del 13,1% (www.epicentro.iss dati al 23 aprile 2020) e nel 30% dei casi è presente come co-morbilità la cardiopatia ischemica e in un altro 24,5% la fibrillazione atriale (JAMA Onder G et al, 20.02.2020).
“È anche ormai ampiamente noto – si legge nella nota – come non solo l’infezione possa destabilizzare le problematiche cardiovascolari pre-esistenti, ma anche sviluppare un danno cardiovascolare acuto con complicanze di tipo aritmico, trombotico e infiammatorio. Inoltre, nella pratica clinica sono sempre più frequenti i pazienti non-Covid-19 con ischemia cerebrale o infarto che ritardano e/o rifiutano il ricovero in ambiente ospedaliero per paura di eventuale contagio. È stato osservato che i pazienti con infarto acuto arrivano in ospedale in misura molto minore o più tardivamente rispetto a prima del diffondersi dell’epidemia”.
Secondo i cardiologi ambulatoriali, superata la fase dell’emergenza Covid-19, si potrebbe anche presentare un nuovo scenario, con un numero maggiore di cardiopatici da trattare, tra cui molti che non sono stati curati in modo immediato ed efficace.
Se nella prima fase di emergenza i cardiologi operanti sul territorio hanno circoscritto il loro intervento alle sole prestazioni contrassegnate con richiesta medica in base ai codici Rao con la lettera U (urgente) o B (breve attesa), con l’inizio della fase 2 gli ambulatori del territorio “devono subito essere messi in condizioni di ricominciare a funzionare, sia per rispondere a un legittimo bisogno dell’utenza sia per ridurre l’affluenza negli ambienti ospedalieri, garantendo però un elevato livello di sicurezza per gli utenti e per il personale”.
Da qui le 4 proposte presentate, a partire da un Triage standard da eseguire prima della visita in ambulatorio, che comprenda termoscanner all’ingresso, lavaggio delle mani con soluzione alcolica all’ingresso e all’uscita dall’ambulatorio, uso di mascherina, appuntamento con evidenziata la necessità di presentarsi esattamente all’orario della visita
stabilita per evitare assolutamente assembramenti nella sala di attesa (per lo stesso scopo da parte degli specialisti deve essere assicurato il rispetto degli orari di visita concordati). Obbligo infine di presentarsi alla visita non accompagnati se non in caso di minori, anziani non autosufficienti o per motivi logistici non altrimenti gestibili.
Secondo l’associazione è fondamentale anche riorganizzare le agende, tenendo conto prima di tutto che, in base alle ultime esperienze, le visite eseguite con le giuste attenzioni in termini di sicurezza dell’utente e dell’operatore, sempre garantendo la massima attenzione ai bisogni sanitari, si sono inevitabilmente prolungate. Di conseguenza, nonostante la buona volontà degli operatori, si sono verificati ritardi che, seppur lievi, si accumulano durante la giornata di lavoro con conseguente rischio di “assembramento” dei pazienti in sala d’attesa. Inoltre, dopo ogni visita c’è la necessità di eseguire una sanificazione accurata degli spazi con disinfezione delle superfici, della strumentazione utilizzata e ricambio dell’aria nell’ambulatorio. Pertanto, alla luce di ciò, secondo i cardiologi è necessario distanziare gli appuntamenti per tutte le prestazioni cardiologiche di un’ora una dall’altra. Per la necessità di visite a breve termine, sarebbe necessario strutturare l’agenda di appuntamenti prevedendo una importante quota di prestazioni riservate al servizio, cosa che consentirebbe tempestività di azione senza costringere il paziente ad accedere al Pronto Soccorso.
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Non possono poi mancare al personale sanitario gli strumenti di protezione personale: non solo le apposite mascherine, ma anche occhiali di protezione, guanti, camici monouso, copricapo e soprascarpe impermeabili.
Infine, in questo contesto, il ricorso alla telemedicina e al teleconsulto rappresenta un grande vantaggio: si tratta di strumenti che consentono la trasmissione di dati sanitari tra operatori e paziente senza esposizione per entrambi al rischio di contagio. La loro attuazione, riducendo il sovraffollamento in tutte le strutture sanitarie, determinerebbe una sostanziale riduzione del rischio di una nuova diffusione dell’infezione con epicentro nelle strutture ospedaliere. Modalità utili sia in epoca Covid-19, sia successivamente.
Per Arca, il telemonitoraggio domiciliare, il cui attore principale è la medicina del territorio, andrebbe a salvaguardare i pazienti che hanno patologie diverse dal Covid-19, che sono la stragrande maggioranza. Dovrebbe essere pertanto assicurata agli ambulatori di cardiologia territoriale la disponibilità di device utili per il rilevamento di parametri biologici (dalla PA, alla FC, alla Sat O2, ecc.) da distribuire a pazienti selezionati per complessità, prevedendo nel contempo orari dedicati a questa attività o in alternativa potenziando la rete di telemedicina integrata. A questo proposito, evidenziano i cardiologi ambulatoriali, il “Modello Consenso della Val Trebbia” ha riscosso un grande successo e permesso la realizzazione di un primo passo verso un grande obiettivo da perseguire: la Sanità a Km zero.