Malacalza Investimenti si astiene nella votazione in assemblea dei soci Carige sull’aumento di capitale. Lo ha riferito l’avvocato della società Paolo Giglione. L’astensione della società che fa capo a Vittorio Malacalza, in possesso del 27,5% del capitale azionario di Banca Carige, poiché in assemblea è presente solo il 41% dell’azionariato rende impossibile attuare l’aumento di capitale di 400 milioni proposto dal cda, per il quale è necessaria l’approvazione dei due terzi dell’azionariato.
Ghiglione ha precisato che Malacalza Investimenti non è contraria in linea di principio all’aumento di capitale ma non ritiene che al momento siano state fornite informazioni suffcienti per approvare l’operazione.
«Nell’ambito della normale dialettica tra socio di riferimento e il precedente organo amministrativo – ha spiegato Ghiglione – alcune critiche sono state espresse da Malacalza Investimenti nel corso dei mesi passati – nel dibattito assembleare e al di fuori di esso. Oggi vogliamo ricordare in particolare che nel corso del tempo sono state mosse censure all’operato del precedente management in relazione a talune cessioni di cespiti effettuate contestualmente all’assunzione di impegni di garanzia dei cessionari nell’ambito dell’aumento di capitale del 2017, all’adozione di certi comunicati stampa che hanno generato ingenti fughe di depositi, ai costi e più in generale alle dinamiche dell’operazione di aumento di capitale del 2017 – il tutto come puntualizzato, tra l’altro, dal socio Malacalza Investimenti nel corso dell’assemblea del 29 marzo 2018. Più di recente, abbiamo appreso con costernazione che i risultati a settembre facevano emergere la necessità di ulteriori accantonamenti su crediti a fronte di richieste di Bce per oltre 250 milioni di Euro – nonostante nulla si potesse prevedere dall’ultima situazione semestrale. In primo luogo, quindi, Malacalza Investimenti ritiene indispensabile che, prima di chiedere agli azionisti un nuovo sacrificio, l’attuale consiglio faccia piena luce su tali vicende e più in generale sull’operato del precedente management. Un secondo elemento muove dalla considerazione che a partire dal 2014 e fino a oggi i soci, incluso lo straordinario contributo dei piccoli azionisti, hanno sottoscritto aumenti di capitale per circa 2,2 miliardi di euro, con i risultati che abbiamo dovuto osservare fino ad ora. È naturale quindi che l’azionariato si domandi se anche l’aumento di capitale che viene qui proposto non sia destinato a subire la stessa sorte dei precedenti».
«Purtroppo – ha proseguito l’avvocato – le informazioni oggi in possesso dei soci non sono sufficienti per dare una risposta a questa domanda. In effetti, tra l’altro: manca a oggi il nuovo piano industriale, così come tutti i documenti di pianificazione strategica complessivi, contenenti le azioni e gli interventi di miglioramento gestionale, che l’organo amministrativo ha dichiarato di voler maturare e presentare; manca a oggi una completa e definitiva stima del valore effettivo dell’intero portafoglio crediti; non è dato sapere se l’autorità di vigilanza ha svolto o prevede di svolgere ulteriori assessment sulla banca che possano fondare un solido affidamento degli azionisti sul fatto che non saranno imposte ulteriori prescrizioni che, come accaduto ripetutamente in passato, possano comportare nuove carenze dei requisiti patrimoniali; non sono ancora noti i risultati di bilancio 2018 e si è ancora in attesa degli obiettivi patrimoniali che saranno dati a Carige nel 2019; infine, mentre il consiglio di amministrazione ha deliberato di perseguire anche una possibile operazione di aggregazione, su raccomandazione della Bce, la proposta di aumento di capitale è presentata in modo del tutto indipendente rispetto a tale eventualità, e gli azionisti non sono oggi posti in grado di valutare la sorte dell’ulteriore investimento che verrebbe loro richiesto (pena, in mancanza di tale investimento, la loro diluizione) nell’eventualità che segua un’operazione di aggregazione, di cui oggi non si conoscono termini e condizioni».
Quanto all’urgenza dell’intervento richiesto sul capitale della banca, «rileviamo che, a quanto abbiamo potuto comprendere dalle informazioni disponibili, la Banca sarebbe stata per il momento posta in sicurezza grazie al prestito obbligazionario sottoscritto dal Fondo Interbancario, consentendo dunque di rinviare l’assunzione della decisione su una possibile nuova operazione sul capitale a una prossima assemblea, che potrà essere convocata, anche nei tempi più brevi, una volta che saranno stati forniti agli azionisti i necessari elementi di valutazione che abbiamo elencato, oltre a tutti i termini e alle condizioni dell’eventuale operazione di emissione, che ci attendiamo di veder discussi e deliberati in assemblea. Inoltre, e comunque, a quanto risulta dalle comunicazioni della banca al mercato, l’autorità di vigilanza avrebbe anticipato di voler concedere una significativa estensione dei termini entro cui conseguire l’osservanza dei requisiti patrimoniali».
Pertanto, tutto ciò considerato, «Malacalza Investimenti dichiara di volersi astenere sulla proposta qui in discussione, decisione che non implica tuttavia, anche per le ragioni esposte, la contrarietà in principio a una nuova operazione di capitalizzazione, da effettuarsi però dopo che siano forniti tutti gli elementi necessari per consentire ai soci una adeguata valutazione e in modo da tener conto dei legittimi interessi degli azionisti. A questo riguardo, il socio Malacalza Investimenti è fiducioso che il consiglio saprà efficacemente operare nel senso auspicato»