Il 66% degli empori a Genova è in mano a stranieri. Tra gli empori mediamente in Italia il 36,3% sono stranieri, ma a Bologna, Genova e Milano si arriva rispettivamente a 66,0%, 64,9% e 63,2%. Sono in forte crescita comunque le imprese straniere in generale e lo sono su tutto il territorio nazionale. È quanto risulta da un’indagine condotta dall’Osservatorio Confesercenti, elaborata a partire da dati camerali, del Ministero dello Sviluppo economico e di Istat, che traccia dinamica e distribuzione dell’imprenditoria non italiana, con un focus sulle grandi città.
Dall’analisi emerge un boom dell’imprenditoria straniera in controtendenza durante questi anni di crisi. E mentre gli imprenditori italiani continuano ancora a scontare gli effetti della crisi, le attività condotte da persone nate fuori dall’Italia non smettono di aumentare. A fine 2016 le imprese straniere sono 571mila, con una crescita del 25,8% sul 2011. Una performance nettamente migliore di quella registrata delle imprese italiane, che negli ultimi sei anni sono calate del 2,7%.
Il boom di imprese straniere ha coinvolto tutto il territorio nazionale, ma è stato particolarmente forte nelle grandi metropoli e nelle città’ d’arte: oltre un quinto degli imprenditori non italiani (il 22,5%), infatti, si concentra in soli sette centri urbani: Roma, Milano, Napoli, Palermo, Bologna, Firenze e Torino. Guardando ai numeri assoluti, è Roma la capitale dell’imprenditoria straniera, con oltre 48.413 attivita’ non italiane, cresciute del165% negli ultimi sei anni. Seguono Milano
(33.496) e Torino (16.660). Ma a registrare il tasso maggiore di stranieri è Firenze, con 7.684 imprese, il 17,3% del totale.
I settori con una quota maggiore di imprenditori di nazionalità non italiana sono il commercio all’ingrosso e al dettaglio – con un totale di 206.767 imprese straniere – seguito dall’edilizia (130.567 imprese) e da alloggio e ristorazione (43.683). Tra le attività specifiche preferite dagli stranieri, il commercio su area pubblica è al primo posto: gli ambulanti nati fuori dall’Italia sono circa 107.300, il 53,5% del totale.
Grandi numeri di imprese straniere anche nella ristorazione e nel servizio bar – dove sono quasi 30mila – e nel food take away, che vede attive circa 9.300 imprese non italiane tra kebab e altri servizi d’asporto, poco di meno delle 9.700 attività di pulizia straniere attive in Italia.
Fortissimo il peso degli stranieri anche nei minimarket: la media Italia e’ 13,5% , in centri come Bologna si arriva a più di due terzi del totale (67,1%).
Tra i fenomeni emergenti, si segnalano i centri massaggi, cresciuti dell’89,5% rispetto al 2011, e che oggi sono per il 27,9% appannaggio di imprese stranieri.
«La performance dalle imprese straniere è talmente notevole da essere ai limiti della credibilità» secondo Mauro Bussoni, segretario generale di Confesercenti, «soprattutto se si considera che il periodo analizzato è stato caratterizzato dalla più grande crisi economica vissuta dal Paese negli ultimi 70 anni. Rimane il dubbio che molte di queste attività pratichino forme di concorrenza sleale. Un dubbio corroborato non solo dalle segnalazioni delle altre imprese, che ci arrivano in continuazione, ma anche dai dati fiscali. Nel commercio ambulante, per esempio, risultano conosciute al fisco solo 60mila delle oltre 193mila imprese iscritte ai registri camerali. Qualche perplessità – continua Bussoni – solleva anche l’elevato livello di turnover, ovvero il rapporto tra aperture e chiusure, che caratterizza le imprese straniere. Mediamente è il 24%, il doppio di quello delle attività italiane».