«Studia, o da grande andrai a zappare la terra». Se un tempo era una delle “minacce” rivolte ai giovani poco propensi ai libri di testo, oggi la situazione è davvero ribaltata. Università a parte, nei cinque istituti agrari della Liguria è proprio la passione per la terra che spinge i ragazzi a studiare per poter lavorare, un giorno, a stretto contatto con il verde. Si tratta di due istituti tecnici, il Marsano di Genova e il Ruffini di Imperia, e di due istituti professionali per l’Agricoltura e l’ambiente, l’Aicardi-Ruffini di Sanremo, il Giancardi-Galilei di Albenga e l’Arzelà di Sarzana, uno degli ultimi nati: «La scuola è stata fondata nel 2009 – spiega Vilma Petricone, preside dell’Arzelà, che conta 160 studenti distribuiti in sei classi – perciò porta a termine solo quest’anno il primo gruppo di diplomati. Di conseguenza non abbiamo ancora concrete conferme a livello lavorativo per i nostri ragazzi, ma le prospettive sono buone: l’Arzelà è stato voluto dall’amministrazione proprio in vista di un rilancio del territorio dal punto di vista agricolo ».
Territorio, quello della val di Magra, con una forte vocazione agricola e che sta riscoprendo molti prodotti di nicchia. Nonostante questo, manca ancora un’azienda agricola che collabori fianco a fianco dell’istituto: «Abbiamo però diverse convenzioni con piccole aziende e serre del territorio – spiega Petricone – oltre a una proficua collaborazione con il parco archeologico Luni, dove gli studenti svolgono stage e attività pratiche». Segnaletica, cura del verde e dei viali del parco sono stati realizzati proprio dagli studenti dell’Arzelà. Forte di un’azienda agricola di proprietà con 15 mila metri quadrati di terreno con vigneto è invece l’istituto Aicardi di Albenga, che conta nove classi e circa 150 studenti, 980 in tutto il comprensorio scolastico che racchiude anche l’alberghiero Giancardi di Alassio e l’Itis Galilei, sempre ad Albenga: «Qui i ragazzi imparano a conservare le varie specie vegetali – dice Salvatore Manca, dirigente scolastico dell’istituto – facendo così esperienza sul campo, e inoltre abbiamo anche un piccolo laboratorio da cui escono prodotti che vendiamo soprattutto nei Comuni limitrofi. È una piccola fonte di guadagno per la stessa scuola». Anche l’Aicardi di Sanremo si avvale di 10 mila metri quadrati di serra, dove gli alunni si dedicano soprattutto alla floricoltura: «Qui produciamo anche piantine che vengono poi vendute sul mercato – spiega Giampiero Cane, insegnante tecnico- pratico dell’istituto di Sanremo, dove studiano circa 160 ragazzi suddivisi in sette classi – e il ricavato è destinato agli studenti stessi, che vengono remunerati con borse di studio. In particolare, per le attività che svolgono nei parchi del territorio, come la cura del verde, o nelle mostre locali, ricevono 5 euro all’ora». Ma restano pochi i sostentamenti economici per queste realtà, come aggiunge Manca: «In secondo piano? Purtroppo bisogna dire che l’istruzione oggi è passata al quarto: i finanziamenti sono crollati e per questo dobbiamo arrangiarci come possiamo, anche avvalendoci di una piccola produzione». «Poiché il ministero non ci considera un vero e proprio istituto professionale – racconta invece Petricone – visto che siamo nati da una “costola” del tecnico Arzelà, riceviamo ben 220 euro all’anno. Per fortuna abbiamo il supporto degli enti del territorio: la Provincia della Spezia, per esempio, ci finanzia un servizio di trasporto necessario a condurre i ragazzi nelle aziende dove svolgono le attività pratiche».
Attività previste già nel biennio, mentre dal terzo anno in poi è obbligatorio lo stage in azienda: «Con la cooperativa Pallodola e le cantine Bosoni abbiamo instaurato una convenzione affiatata, ma bisogna dire che il comparto agricolo del territorio è sempre molto disponibile per formare i nostri ragazzi», precisa Petricone. All’istituto sanremese, accorpato all’istituto professionale per il Commercio di Alassio e all’alberghiero di Arma di Taggia, c’è anche la possibilità di svolgere stage estivi di tre mesi, come descrive Cane: «Molte aziende agricole sono addirittura di nostri ex alunni: si tratta di realtà floricole, soprattutto sulla costa, e di uliveti e vigneti nell’entroterra. Organizziamo inoltre anche scambi culturali con quattro aziende francesi e olandesi». Alternanza scuola-lavoro (170 ore all’anno) anche al corso Gestione dell’ambiente e del territorio al Ruffini di Imperia, dove studiano circa 80 giovani: «Da quest’anno c’è anche un vigneto tra le numerose aziende e agriturismi disposti a ospitare i ragazzi – dice Daniela Tallone, collaboratrice del preside del Ruffini – nei primi anni queste attività sono semplici, mentre man mano che i ragazzi crescono anche la pratica si fa più strutturata e specifica». «L’istituto – racconta Natalia Riccò, referente del corso – nato nel 2010 va a colmare una lacuna culturale e di formazione tecnico-professionale del settore agroalimentare imperiese. Il distretto dell’industria agroalimentare e dell’alimentazione mediterranea di Imperia è uno dei 200 distretti industriali che la legislazione italiana riconosce e tutela. Ed è quindi un elemento di eccellenza nella dieta mediterranea a livello mondiale. Senza dimenticare che l’impresa agricola legata al settore alimentare è stata interessata negli ultimi anni da un mutamento sostanziale e richiede personale specializzato che sappia svolgere più attività sul territorio. A partire dall’agriturismo, alla gestione del verde, ma anche al mantenimento delle strade, alle attività legate alle fattorie didattiche, alla vendita diretta, ai farmer market».
Al contadino che lavora la terra per passione o per il proprio sostentamento, si è affiancata negli ultimi anni una nuova figura professionale, formata in una scuola e in grado di svolgere più attività legate all’agricoltura: «Il mercato richiede oggi un professionista della terra – spiega Roberto Fiumara, presidente di Anga Liguria, Associazione nazionale giovani agricoltori – che abbia in mano anche molte nozioni burocratiche, oltre a molte mansioni legate all’agricoltura. Tutte competenze che vengono trasmesse durante la formazione secondaria superiore e universitaria». «Deve sapere interagire con le istituzioni locali – aggiunge Manca – ma anche imparare nuovi mestieri richiesti dal mercato: per esempio la cura del verde e la lavorazione dei prodotti agricoli sono mansioni molto richieste oggi dalle aziende». La scuola non solo vuole dare una formazione ai giovani agricoltori, ma anche diffondere un nuovo punto di vista, come spiega Petricone: «Bisogna cambiare ottica. Ciò che consegniamo ai ragazzi è una qualifica di una professione vera e propria. Non è semplicemente un lavoro. I diplomati, una volta usciti dall’istituto agrario, hanno in mano competenze già spendibili sul mercato e altamente qualificate ». Quel che è certo, è l’impegno che i giovani diplomati devono mettere nel loro futuro: «Non deve mai mancare – sottolinea Cane – così come in tutte le attività. Il settore è in crisi, ma è anche vero che saper faticare e muoversi sul mercato, dà i suoi frutti: oggi per esempio figure professionali del nostro settore sono molto richieste in Francia. Non sono poche le aziende della zona della Vallecrosia, Bordighera e Ventimiglia che lavorano nei giardini d’Oltralpe».
Nonostante il calo del 3% tra 2012 e 2011 delle imprese agricole attive in Liguria (attualmente quasi 10.600) e addirittura del 5,6% nel secondo trimestre del 2013 rispetto al 2012, le iscrizioni agli istituti agrari, sia tecnici, sia professionali, risultano in aumento: «Se gli studenti si iscrivono perché motivati soprattutto da un interesse genuino verso questo settore – afferma Tallone – i genitori spingono i figli a “puntare sull’agricoltura” perché, secondo loro, un ritorno alla terra rappresenta una sicurezza economica». Crescita registrata anche a Sanremo: «Negli anni Sessanta-Settanta c’è stato un boom di iscrizioni – racconta Cane – Ma successivamente si è arrestato perché le famiglie attive nel florovivaismo hanno preferito indirizzare i figli verso attività meno “faticose” dal punto di vista fisico. Oggi invece, soprattutto dall’entroterra, registriamo un forte incremento di iscrizioni, mosse dalla passione dei ragazzi che fin da piccoli sono attratti dalla natura e dal verde». «Il percorso è impegnativo – spiega Manca – e chi frequenta i corsi lo fa perché è fortemente motivato. Soprattutto a livello pratico gli studenti si applicano moltissimo e proprio in queste occasioni si vede quanto siano interessati ad apprendere: di conseguenza la percentuale di abbandono è quasi nulla, mentre l’impegno è massimo».