La rivoluzione digitale ha raggiunto anche il settore del food, accelerando l’evoluzione della figura del consumatore e imponendo nuove dinamiche nella distribuzione. E le aziende capaci di adeguarsi ai nuovi scenari crescono anche sui mercati internazionali. Notevole è lo spazio a disposizione delle pmi italiane attente alla crescente domanda di qualità connessa ai social media. È quanto emerso dal secondo Food Forum che si è svolto questa mattina al Palazzo della Borsa di Genova, a cura di Confindustria Genova e di Deloitte.
Francesca Tognetti, manager dell’ufficio Deloitte di Genova, incaricata di seguire il tavolo di lavoro sull’agroalimentare attivato da Confindustria, spiega: «il forum è nato dalla vicinanza di Deloitte alle iniziative di Confindustria. In particolare, vivere il territorio al fianco di impenditori e manager è la vocazione di Deloitte. Il nostro network ha organizzato team di lavoro dedicati alle princiapali industries, con Eugenio Puddu, referente per il settore Consumer products, che comprende l’agroalimentare. Questa specializzazione ci consente di comprendere spunti e opportunità da condividere con inmprenditori e manager».
«L’anno scorso – ha detto Alessandro Giglio, ceo e fondatore di Giglio Group – tre miliardi di persone hanno fatto acquisti on line e l’acquisto di prodotti alimentari on line è cresciuto del 45%, è un trend inarrestabile. La rivoluzione digitale ha raggiunto il settore del food, i market place hanno cambiato le nostre abitudini di acquisto. L’Italia potrebbe fare molto di più in questo nuovo mercato, visto che esporta on line solo il 5% nonostante l’opportunità media legata al digitale sia circa del 20%. Una sfida per il nostro paese, che potrebbe incrementare il pil anche di un punto percentuale grazie a uno dei settori che lo caratterizzano maggiormente. Inoltre questo nuovo scenario lascia più spazio alle nostre pmi, perché il consumatore online in genere è il più attento alla qualità. Per affermarsi su questa nuova frontiera l’azienda deve pensare digitale, vale a dire ripensare il prodotto e la comunicazione nella prospettiva del digitale, deve saper utilizzare i social media per creare un rapporto diretto con il consumatore, informarlo e ricevere da lui indicazioni per conoscerlo meglio, un feedback».
Feedback essenziale per l’azienda, perché il consumatore oggi, ha detto il direttore di Generale Conserve, Giovanni Battista Valsecchi, «vuole avere informazioni, vuole poter scegliere, vuole il dialogo, vuole sapere tutto dei prodotti che acquista». È cambiato il paradigma per cui l’industria cercava di intercettare i bisogni del consumatori, dividendoli per macro-categorie, «oggi ogni individuio fa storia a sé, ha propri bisogni specifici». «Il consumatore – puntualizza Puddu – è al centro delle strategie di scelta: il rapporto tra aziende e consumatore diviene via via più diretto e interattivo».
La presenza al forum di due rappresentanti di big del digitale come Amazon e Facebook la dice lunga sulle potenzialità del food a livello mondiale. Amazon, per esempio, ormai non fa più solo il distributore o il fornitore, ma sta puntando anche sui marchi privati. Secondo Emanuele Bianchi, che nel celebre marketplace si occupa di questo particolare aspetto, il commercio online non esclude il resto, ma occorre che chi vende sia consapevole del fatto che debba far capire perché il suo sia migliore degli altri.
Per aiutare l’imprenditore a vendere su marketplace come Amazon, Giglio Group, ha sviluppato una piattaforma che consente di essere presenti sui principali marketplace di tutto il mondo: «Anche sul mercato cinese – ha sottolineato il ceo del Gruppo Giglio – che è il primo mercato digitale al mondo e con caratteristiche talmente specifiche che sarebbe complicato anche solo pensare a un investimento sul territorio».
Nonostante il sorpasso della Cina, sono ancora gli Stati Uniti il mercato su cui puntare, secondo Lorenzo Zurino, ceo di The One, una delle aziende italiane specializzate nella promozione delle imprese italiane sui mercati esteri. «Si tratta – ha precisato – di un mercato certamente più consumistico, un mercato consolidato da attaccare proprio puntando sui prodotti di alta qualità». Anche perché il consumatore Usa sta cambiando ed è sempre più attento alla qualità: «Non è un caso che oggi il riso di Sardegna sia più facilmente vendibile negli Usa che in Italia». Per Zurino le pmi avranno più spazio rispetto ai grandi gruppi, proprio grazie a questa voglia di alta qualità. Spesso, però, una piccola impresa non ha le competenze necessarie per vendere all’estero: «Ritengo molto interessante il progetto di Sace-Simest sul Temporary export manager». La società per azioni del gruppo italiano Cassa Depositi e Prestiti, specializzata nel settore assicurativo-finanziario, propone l’inserimento temporaneo in azienda di figure professionali specializzate proprio per realizzare progetti di internazionalizzazione in Paesi extra Ue.
Il commercio on line offre al consumatore anche il vantaggio di poter ricevere la merce a casa. I negozi fisici come potranno fa fronte a questo vantaggio competitivo dei negozi virtuali? Secondo Mario Gasbarrino, esperto di mercato retail, «dobbiamo rassegnarci all’idea che sempre più in futuro sarà vincente la capacità di ricevere merci a casa, ce ne dobbiamo fare una ragione. L’impatto sui negozi fisici sarà che ce ne saranno meno e saranno più piccoli e più esperienziali. Questo significa che l’offerta non potrà essere banale, indifferenziata, i negozi dovranno distinguersi, e per questo, per esempio, nell’abbigliamento sono sempre più monomarca, e capaci di fidelizzare il cliente».
Per un consumo di tipo esperienziale è essenziale lo “storytelling”, che permette di condividere esperienze e valori. Per questo crescono gli investimenti nei social network: «Le aziende che puntano su un determinato linguaggio, video e specifico per essere visto sullo smartphone, hanno un ritorno di investimento notevole», spiega Valerio Perego, responsabile di Pharma, largo consumo e distribuzione di Facebook. Ormai Facebook registra circa 25 milioni di utenti italiani, di cui solo il 20% naviga da pc. Il fatto che la stessa proprietà possieda anche Instagram e Whatsapp, agevola ulteriormente le possibilità di amplificare il messaggio: «Solo per fare un esempio: la Barilla ha investito su una campagna per i Pan di Stelle solo video per il web. Una società terza ha certificato che chi è stato esposto allo spot ha comprato il doppio rispetto a chi non lo era».
«Il consumatore – puntualizza Puddu – è al centro delle strategie di scelta. Il rapporto tra aziende e consumatore diviene via via più diretto e interattivo».
Oggi i consumatori sono più maturi ed esperti e valutano il prodotto a 360%, considerando il rapporto qualità-prezzo ma anche i valori sociali che il prodotto veicola. Da qualche mese Everton sta lavorando a un progetto molto ambizioso in cui l’azienda è partner per la realizzazione di una gamma di 43 referenze a marchio Happy Belly, la private label di Amazon. Una gamma innovativa di tè e infusi all’avanguardia non solo per la scelta dei prodotti ma anche e soprattutto per l’attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale.. «Noi da subito – ha ricordato il presidente di Everton, Filippo Dodero – abbiamo tracciato tutta la flilera, dalla piantagione al prodotto finito. E tutto il packaging è riciclabile. Così stiamo aggiungendo valore al prodotto»
Al forum è stato presentato ufficialmente il brevetto chiamato Microcosmo, ideato dal Gruppo Fos e sperimentato con l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile): il basilico cresciuto in un simulatore di campo per allevare vegetali in ambiente non destinato all’agricoltura, come un ufficio o una galleria, e in condizioni ambientali controllate, tanto che potrebbe essere coltivato su Marte. Il basilico, cresciuto sotto luce artificiale, blu o bianca in 16 o 24 ore, è stato pestato al mortaio e ha prodotto un ottimo pesto, degustato al termine dell’evento.