Marco Mancini “Le regole del gioco” (Rizzoli)

Pubblicato da Rizzoli

Marco Mancini “Le regole del gioco” (Rizzoli)

Marco Mancini, carabiniere, già stretto collaboratore del generale dalla Chiesa nella lotta al terrorismo, poi arrivato alla carica di capo della Prima Divisione del Sismi, quella che si occupa del controspionaggio, del contrasto del terrorismo nazionale e internazionale e della criminalità organizzata internazionale, e infine responsabile amministrativo al Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) fino al 2021, ha scritto “Le regole del gioco” (Rizzoli) in sostanza per rivendicare la correttezza della propria condotta e i meriti di una una carriera al servizio delle istituzioni, iniziata nel settembre 1979 e terminata con il pensionamento coattivo nel luglio 2021.

Un desiderio comprensibile per un uomo che è stato incarcerato e processato due volte, per il famoso caso del sequestro dell’estremista islamico Abu Omar nel 2003 e per la vicenda Telecom Sismi,  e in sostanza “bruciato” come candidato alla vicedirezione dell’Aise e costretto ad andare in pensione per essere stato fotografato “per caso” mentre incontrava Matteo Renzi in un autogrill.

Prosciolto dopo dieci anni di processi per il sequestro di Abu Omar, e in udienza preliminare per il caso Telecom, Mancini nel libro si concentra su questi due casi. Ma sono gli argomenti che ci interessano meno. Non abbiamo la possibilità, o la capacità, di farci una nostra ricostruzione dei fatti, e in generale, anche come lettori, quando si tratta di vicende collegate ai servizi segreti  giriamo alla larga. Meglio la fiction dichiarata come tale. Ci sembra comunque significativa la stima che dell’ex agente segreto aveva Francesco Cossiga. Mancini scrive che il presidente emerito gli aveva concesso “un’amicizia straordinaria, grandissima” (pag. 287).

Quello che rende il libro  avvincente  sono le vicende narrate nel contrasto al terrorismo interno di destra e di sinistra e la guerra contro il terrorismo islamico, e il concetto di “controspionaggio offensivo”, spiegato e illustrato con esempi di azioni sul campo. È una strategia, quella del controspionaggio offensivo, che Mancini deve avere sviluppato partendo dall’esperienza fatta con dalla Chiesa. Il generale, fin dalla costituzione del primo nucleo antiterrorismo nel maggio 12974, aveva puntato sulla conoscenza dell’avversario e sull’infiltrazione nelle sue fila. Metodo che aveva portato alla cattura di due leader delle Br, Curcio e Franceschini, già nel settembre dello stesso anno.

“Il controspionaggio italiano – si legge  in Le regole del gioco – aveva tenuto a bada e sconfitto ripetutamente al-Qaida e il jihadismo terroristico. Aveva ottenuto questi risultati senza ricorrere ad alcuna Guantanamo e senza praticare – noi della prima divisione del Sismi – sequestri extra legem di imam o mulllah (…) la nostra arma vincente era il metodo spionistico, con la penetrazione efficace di territori che perfino Ciad e Mossad ritenevano impenetrabili, con la crescita di reti strettissime, in cui il singolo era unito all’insieme ma a sua insaputa (…) Per fare ciò, occorreva il metodo, il famoso andare oltre gli occhi dei satelliti, senza mai fidarsi delle intercettazioni” (pag. 186). Così “Bush junior e Blair e perfino Putin nel tempo della convergenza con la Nato dopo Pratica di Mare, maggio 2002, aspettavano i report dell’intelligence italiana dall’Afghanistan e dal Pakistan, ma anche dall’Iraq e dal Libano, per definire le loro mosse nel vasto mondo. Eravamo i soli ad avere frequentato i campi di forza ostili nel loro sorgere e svilupparsi, grazie al nostro controspionaggio offensivo, che ha protetto l’Italia e le nostre rappresentanze all’estero. E adesso?” (pag. 214).

Mancini insiste, teorizzando il “controspionaggio offensivo”, sui limiti dell’intelligenza artificiale, dei satelliti, in generale dell’hi tech, che sono utili ma non possono sostituirsi all’elemento umano, al lavoro degli agenti sul campo.

Le sue teorie sembrano avere trovato crudele conferma in questi giorni. Israele aveva costruito una barriera di sicurezza ad alta tecnologia lunga 64 chilometri lungo la Striscia di Gaza, con radar e sensori in grado di rilevare incursioni furtive. Il 7 ottobre questa barriera è stata travolta da Hamas con mezzi poco tecnologici, bulldozer che hanno aperto la strada a uomini a piedi e su pickup, mentre altri terroristi scendevano dal cielo usando dei deltaplani. Che cosa è successo? Perché sono stati sconfitti l’intelligence israeliano, considerato il migliore del mondo, e quello americano? Perché, secondo i pareri di molti analisti, israeliani (e americani)avevano creduto di poter sostituire in larga misura la raccolta di dati per via elettronica all’analisi del fattore umano.

 

LASCIA UNA RISPOSTA

Please enter your comment!
Please enter your name here