
«Vogliamo avere una maggiore libertà di utilizzo del Palasport. Un conto è un impianto pubblico gestito da un privato in una proprietà privata, un altro conto è un impianto pubblico dove il gestore lo seleziona il Comune e le regole di ingaggio le dà il Comune. Noi vogliamo che questo impianto sia veramente un’opera pubblica, che sia utilizzato tutti i giorni anche per le discipline sportive di base, non solo per eventi top, competizioni sportive e spettacoli che dànno redditività. Cambia quindi radicalmente il modello di gestione». Lo da dichiarato il vicesindaco di Genova Pietro Piciocchi oggi in consiglio comunale rispondendo alle interrogazioni sul Palasport del consigliere Mattia Crucioli (Upc e Claudio Villa (Pd).

I due consiglieri hanno presentato le loro interrogazioni in seguito alle ipotesi di messa in vendita del Palasport e di un suo acquisto da parte del Comune di Genova. Il restyling e il nuovo allestimento della struttura sono in corso a cura di Cds, la società di sviluppo immobiliare che sta portando avanti tutta l’operazione negli spazi dell’ex Fiera di Genova.
In una nota del Gruppo Pd in Comune si legge: “Si apprende in questi giorni che, contrariamente a quanto previsto fino a oggi, il Comune sarebbe intenzionato ad acquistare da Cds Holding l’area sportiva inserita nell’ex Palasport, venduto all’epoca per 14 milioni di euro e valutata oggi dall’azienda tra i 38 e i 40 milioni. L’eventuale acquisto da parte del Comune della parte sportiva dell’ex Palasport, oltre a stravolgere il progetto iniziale, addossa le decine di milioni di euro di costi extra sulle spalle di cittadine e cittadini genovesi, e risulta a dir poco incomprensibile. Secondo quanto stabilito nell’accordo di vendita, infatti, per l’area in questione era già previsto l’uso pubblico. Pertanto, è decisamente poco chiaro – a fronte dei costi di manutenzione e di condominio che ogni anno, in quanto proprietario, dovrà pagare per la gestione – quali sarebbero i potenziali vantaggi che il Comune di Genova trarrebbe dall’acquisizione. Inoltre, l’uso pubblico dell’area sportiva del Waterfront Mall costituiva la contropartita che il privato si impegnava a garantire in cambio dei molto dibattuti 28.000 mq di spazi commerciali contenuti nel progetto. Quali sono, invece, oggi gli oneri a carico dell’investitore privato Cds Holding? Come mai il Comune ha concesso a un privato una superficie lorda affittabile così estesa – per fare un paragone quella della Fiumara è di 40.000 metri quadrati – per poi addossarsi i costi di gestione di quella che doveva essere la “contropartita”?
«Se vogliamo discutere del Palasport – ha dichiarato in aula Piciocchi – dobbiamo partire dal 2017, anno in cui ci siamo insediati, trovando una situazione drammatica, certificata dalla deliberazione della Corte dei Conti del 2018 che parla di gravissime criticità, che hanno portato un ingente danno alle casse del Comune. Una deliberazione che si conclude invitando il Comune a liquidare la società Nuova Foce e a vendere gli immobili sul mercato, che erano tutti ipotecati (quindi se non lo avessimo fatto noi lo avrebbe fatto la banca) per conseguire un ricavato che avrebbe consentito di estinguere il debito con la banca, liberare le aree e avviare l’operazione immobiliare. Fummo costretti a fare quei passaggi».
«L’operazione di oggi – ha spiegato il vicesindaco – nasce dalla valorizzazione della funzione pubblica del palazzetto. È vero che ha un vincolo di destinazione pubblica ai sensi del piano regolatore, ma è anche vero che è un ibrido, perché abbiamo un immobile con funzione pubblica di proprietà privata. In questi anni c’è stato un risanamento finanziario delle aree, ed è andata a delinearsi l’idea di un progetto emozionale che faccia diventare il Palasport l’offerta di punta sportiva del territorio. Siamo quindi nella condizione di allineare il piano regolatore con il regime patrimoniale e riportare il palazzetto nella sfera pubblica, per una completa gestione del Comune. Vogliamo che sia un’opera pubblica, che venga utilizzata tutti i giorni da tutti i cittadini. Ci riappropriamo dell’immobile e portiamo avanti un progetto che ovviamente ha subito dei rincari perché è come se avessimo venduto una vecchia 500 in rottamazione e oggi comprassimo una Lamborghini. Il palasport ha mosso un investimento di oltre 100 milioni di euro: era un rudere, lo abbiamo mantenuto e adesso faremo un progetto di grandissima qualità».
Tutti i valori dell’operazione ha aggiunto Piciocchi, «saranno certificati da enti terzi».