“I miei giorni a Berlino” di Marie Vassiltchicov” (Rizzoli) è il diario di una testimone della congiura che si è conclusa con il fallito attentato contro Hitler del 20 luglio 1944 da parte del conte von Stauffenberg e della repressione che ne seguì.
L’autrice nacque nel 1917 in Russia, quarta di cinque figli del principe Ilarion e della principessa Lydia Vassiltchicov, fuggiti dalla Russia nel 1919.All’inizio della seconda guerra mondiale, nel settembre 1939, si trovava in Germania con la sorella Tatiana (poi principessa Metternich). Le due sorelle nel gennaio 1940 si trasferirono a Berlino in cerca di lavoro, e il diario di Marie (Missie come la chiamavano familiari e amici) inizia da quei giorni e arriva al settembre 1945. Mancano alcune parti riguardanti il 1941, il 1942 e l’inizio del 1943, distrutte per prudenza o andate perdute. L’opera è stata ricostruita dal fratello George.
Gran parte del diario è stata scritta giorno per giorno, solo le narrazioni più lunghe, come quella del bombardamento di Berlino nel novembre 1943, sono state scritte in seguito. E questo è uno dei motivi di interesse del diario. Perché Missie trovò impiego prima nella sezione radiofonica e poi al ministero degli Esteri e le sue memorie, scritte con passione e spontaneità, gettano un fascio di luce sulla vita quotidiana dell’apparato statale tedesco di quegli anni. All’inizio il diario tratta di mondanità – chi scrive è una principessa che frequenta persone del suo rango, tedesche e provenienti da altri Paesi – delle ristrettezze quotidiane e della meschinità di alcuni superiori. E, leggendo con il senno di poi, si rimane sorpresi del fatto che una persona coinvolta, o meglio, precipitata nell’epicentro di una macchina infernale come quella nazista, ci racconti di balli, di pranzi e della vita d’ufficio. E del resto quel diario fino a un certo punto non era stato tenuto segreto, gli stessi superiori dell’autrice ne erano a conoscenza. Poi si scopre che le amicizie avevano portato Missie a stretto contatto con alcuni dei congiurati del 20 luglio e che la principessa detestava e disprezzava i nazisti, non solo i burocrati più ottusi con cui aveva a che fare direttamente.
Uno dei protagonisti della congiura, Adam von Trott zu Solz, in una lettera alla moglie scrive a proposito di Missie: “Ella ha qualcosa di un nobile animale leggendario... Qualcosa di libero che le consente di volare lontano al di sopra di tutto e di tutti. Questo, naturalmente, è un po’ tragico, in realtà quasi arcano…” Descrizione appropriata della principessa russa, la cui personalità emerge dai suoi scritti e balza agli occhi di chi vede i suoi ritratti. Ed è un vero peccato che questa edizione del 1993 non riporti le fotografie presenti nell’edizione Rizzoli del 1990. Dove l’aristocratica bellezza della protagonista è folgorante ma significative sono anche le foto dei suoi amici, quasi tutti coinvolti nella congiura. Nobili, la maggior parte, nel senso pieno della parola, come Missie. Valgono un libro le foto di Adam von Trott zu Solz, di von Haeften, di Gottfried von Bismark durante l’interrogatorio davanti al Tribunale del Popolo, come anche quella di Roland Freisler, presidente del Tribunale, dal viso volgare, feroce e meschino. Due Germanie.
E qui si impone una riflessione: gli episodi più noti di resistenza contro il nazismo in Germania sono stati opera di élite, intellettuali, religiosi, aristocratici, alti gradi delle forze armate. (Del resto a combattere il nazismo dall’esterno e a salvare la democrazia, in Europa e altrove, è stato in primo luogo Winston Churchill, un grande aristocratico, della famiglia del duca di Marlborough).
In realtà la resistenza in Germania non è nata solo nel momento della crisi finale del regime e non è stata soltanto opera di élite. Intanto il sostegno popolare al nazismo fu sempre limitato. Al massimo, nelle ultime libere elezioni, nel 1932, Hitler sfiorò il 38%. Anche alle elezioni del 5 marzo 1933, quando ormai il partito nazista aveva il controllo dello stato e tutti i poteri, ottenne meno della metà dei consensi, il 43%. (In Italia nel 1924 le due liste fasciste raccolsero circa il 65% dei voti, risultato significativo, per quanto ottenuto anche con brogli e violenze). Poi quello di Stauffenberg non fu l’unico tentativo di opporsi al nazismo, ci fu sempre resistenza, sia aperta che nascosta, in ogni strato sociale. Ci fu il gruppo della Rosa Bianca” (die Weiße Rose), attivo a Monaco per circa un anno tra il 1942 e il 1943, sino all’arresto, alla condanna e alla decapitazione dei suoi principali esponenti, i fratelli Sophie e Hans Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf. Ma migliaia di altri tedeschi persero la vita sotto la mannaia del boia, sulle forche e nei campi di concentramento. Non ebbero successo perché i rapporti di forza non lo permettevano. Un aiuto dall’esterno non sarebbe stato sufficiente contro la potente macchina repressiva del regime e comunque non ci fu. Nella sua biografia di Churchill (Utet, 2021) Andrew Roberts spiega che lo statista britannico non era interessato a entrare in contatto con gli oppositori di Hitler “perché qualsiasi tentativo dei servizi segreti britannici di avvicinare oppositori politici o militari in Germania avrebbe fatto insorgere in Stalin il sospetto che gli alleati occidentali progettassero una pace separata” (pag. 1085). Vero, ma è vero anche che i congiurati erano patrioti che volevano salvare la Germania appunto con una pace separata, mentre gli alleati erano impegnati in una guerra totale. In quella fase storica non volevano trattare con un nuovo governo tedesco, volevano annientare per sempre la Germania come potenza.
Impressionante è il lungo racconto della distruzione di Berlino operata da americani e inglesi. Della distruzione di Dresda da parte degli alleati (13-14 febbraio 1945, con un numero imprecisato di morti, non meno di 90 mila, secondo alcuni fino a 200 mila) Missie scrive: “corre voce che Dresda sia stata rasa al suolo da due attacchi aerei alleati consecutivi” (pag 393).
Secondo la strategia di Arthur Travers Harris, comandante in capo del Bomber Command della Royal Air Force, gli angloamericani bombardarono a tappeto le più grandi città della Germania senza distinzione tra obiettivi militari e popolazione civile, perché lo scopo delle missioni era abbattere il morale tedesco, non solo distruggere l’industria bellica. Churchill stesso, dopo la distruzione di Dresda in una nota a Ismay (cit., 1129) pag. scrisse: “È venuto il momento in cui la questione di bombardare le città tedesche per il semplice scopo di aumentare il terrore, anche se con altri pretesti, dovrebbe essere rivista”.
La protagonista del diario sopravvisse ai bombardamenti e nel gennaio 1946 sposò a Kitzbühel, in Austria, Peter G. Harden, un americano che, dopo avere prestato servizio durante la guerra nei servizi segreti, passò poi allo Stato Maggiore del governo Usa in Baviera. Al matrimonio, ha scritto un testimone oculare, Hans von Herwarth, c’erano Peter in divisa dell’esercito Usa, i tre testimoni, il capitano conte De la Brosse nell’uniforme francese, lo stesso von Herwarth e Paul Metternich, marito di Tatiana, che avevano servito nell’esercito tedesco. Una nuova era iniziata.
Missie morì di leucemia a Londra nel 1978.