Gimbe: green pass cruciale nel rallentare il virus

«Nell'infuocato dibattito sui possibili utilizzi del green pass in Italia, si sono registrate inaccettabili e opportunistiche distorsioni di evidenze scientifiche sull'efficacia dei vaccini»

Gimbe: green pass cruciale nel rallentare il virus

«Nell’infuocato dibattito sui possibili utilizzi del green pass in Italia – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – annebbiato da posizioni politiche estreme, si sono registrate inaccettabili e opportunistiche distorsioni di evidenze scientifiche e dati nazionali sull’efficacia dei vaccini pubblicati dell’Istituto Superiore di Sanità e di sicurezza pubblicati dell’Aifa». La Fondazione Gimbe ribadisce la propria posizione sul green pass, esortando le forze politiche a non polarizzare ulteriormente gli estremi sull’utilizzo di uno strumento che può giocare un ruolo cruciale: è efficace nel limitare la circolazione del virus e permette il rilancio in sicurezza di alcuni settori, prevenendo il rischio di un ritorno a eventuali restrizioni.

Nel breve termine l’utilizzo del green pass si scontra con alcuni ostacoli che devono essere rimossi: l’attuale indisponibilità di vaccini discrimina chi è in attesa della vaccinazione, anche per la mancata gratuità dei tamponi in diverse Regioni; servono strumenti e risorse per verificare sistematicamente le certificazioni nei luoghi dove sono richieste; manca una legge sull’obbligo vaccinale per chi lavora in locali e esercizi dove viene richiesto il green pass.

Il green pass può avere un’applicazione immediata per i grandi eventi (sportivi, musicali, fieristici, congressuali) e mezzi di trasporto (aerei, navi e treni a lunga percorrenza), eventualmente anche per cinema e teatri; ma a breve termine il suo utilizzo per ristoranti e soprattutto bar è più complesso. Risulta invece più ardua una sua implementazione per il trasporto locale e altri servizi essenziali (supermercati, farmacie, eccetera).

La ventilata ipotesi di modulare il green pass in relazione allo status vaccinale (prima dose o ciclo completo) e/o ai colori delle Regioni introduce ulteriori elementi di complessità difficili da gestire nella pratica.

Indicatori

Tornano a salire gli indicatori legati all’epidemia di Covid anche in Liguria: +163,3% di nuovi casi nella settimana 14-20 luglio rispetto a quella precedente. I casi attualmente positivi per 100 mila abitanti sono ancora bassi: 27. Restano ampiamente sotto controllo i posti letto in area medica occupati da pazienti Covid 19 (1%) e quelli in terapia intensiva (3%). Del resto le vaccinazioni complete proteggono dalle forme severe di malattia, anche dalle varianti, inoltre per vedere gli effetti dell’aumento dei contagi sulle ospedalizzazioni bisogna attendere 10-15 giorni.

«Sul fronte dei nuovi casi – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – si registra un netto incremento settimanale, verosimilmente sottostimato da un’attività di testing insufficiente e dalla mancata ripresa del tracciamento dei contatti, reso ora più difficile dall’aumento dei positivi. Sono ben 51 le Province in cui negli ultimi 14 giorni si rileva un incremento settimanale dei nuovi casi superiore al 20% e che negli ultimi sette giorni registrano un valore assoluto di almeno 50 nuovi casi. Continuano a scendere i decessi, 76 nell’ultima settimana, con una media di 11 al giorno rispetto ai 15 della settimana precedente». Per quanto riguarda la Liguria solo Savona non è inserita nell’elenco.

«Dopo 14 settimane di riduzione degli indicatori ospedalieri – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione Gimbe – si registra un’inversione di tendenza con lieve incremento dei ricoveri in area medica e in terapia intensiva, dove l’occupazione di posti letto da parte dei pazienti Covid rimane per ora molto bassa, intorno al 2%». Tutte le Regioni registrano valori inferiori al 10% per l’area medica e al 5% per le terapie intensive. «Si conferma un ulteriore lieve incremento – spiega Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe –  degli ingressi giornalieri in terapia intensiva: la media mobile a 7 giorni è di 10 ingressi/die rispetto ai 7 della settimana precedente»

Vaccini

«Il numero di somministrazioni giornaliere – precisa Cartabellotta – stabile ormai da settimane, non decolla nonostante il potenziale organizzativo, per il mancato utilizzo dei vaccini a vettore adenovirale e la limitata disponibilità di quelli a mRNA». In particolare, AstraZeneca non viene più somministrato per le prime dosi, come dimostra il fatto che nell’ultima settimana il 99,3% delle somministrazioni sono stati richiami; le somministrazioni di Johnson & Johnson sono ormai sporadiche (nell’ultima settimana in media 3 mila al giorno); infine, non disponiamo di un numero di dosi di vaccini a mRNA sufficiente ad ampliare la platea dei vaccinandi.

Per quanto riguarda le fasce di età, la Liguria ha superato il 90% negli over 80 come ciclo completo.

La fascia 70-79 anni sale da 72,1% di persone che hanno completato il ciclo a 75,4%. Scende invece la percentuale di chi ha fatto solo la prima dose, segno che parecchie persone ancora sono in attesa o non intendono vaccinarsi.

Ancora più indietro la vaccinazione della fascia 60-69 anni: solo il 51,8% ha completato il ciclo, ma occorre anche ipotizzare che gran parte del 27,8% di chi ha ricevuto la prima dose probabilmente sta attendendo che trascorrano le settimane per il richiamo con AstraZeneca (8).

In totale gli over 60 che non hanno ricevuto nessuna dose di vaccino in Liguria sono il 14,2% (erano il 14,7% la settimana scorsa).
In totale la popolazione vaccinata con il ciclo completo in Liguria è il 43,1%, mentre il 19,7% ha ricevuto almeno la prima dose. Modifica parametri assegnazione colori Regioni

Secondo Gimbe, se da un lato è ragionevolmente certo che, rispetto alle ondate precedenti, l’aumentata circolazione del virus avrà un minore impatto sugli ospedali grazie alla copertura vaccinale di over 60 e fragili, dall’altro affidare un peso eccessivo (o addirittura esclusivo) agli indicatori ospedalieri per “colorare” le Regioni concretizza un “rischio non calcolato” per tre ragioni.

Fa perdere di vista il monitoraggio della circolazione del virus, la cui entità ha comunque un impatto ospedaliero proporzionale alla sua diffusione;
È un indicatore meno tempestivo in quanto la curva delle ospedalizzazioni segue con un certo ritardo quella dei nuovi casi;
L’introduzione di eventuali provvedimenti restrittivi sarebbe tardiva e produrrebbe un miglioramento solo dopo alcune settimane.

«Se governo e Regioni intendono abbandonare il parametro dei contagi – evidenzia Cartabellotta – servono soglie molto basse per gli indicatori ospedalieri: non oltre il 5% di occupazione da parte di pazienti Covid-19 per le terapie intensive e il 10% per i ricoveri in area medica per rimanere in zona bianca. Se invece l’intenzione è quella di innalzare tali soglie, oltre ad accettare i rischi sopra descritti, bisogna mantenere tra i parametri di monitoraggio il numero dei casi per 100.000 abitanti, aumentando l’incidenza settimanale sopra i 50 casi per conservare la zona bianca e definendo un numero standard di tamponi per 100.000 abitanti per evitare comportamenti opportunistici».

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