
I Liguri, si sa, amano molto le fave. Ora le gustiamo fresche, in primavera, con il salame (a Genova di Sant’Olcese) o il pecorino. In passato si consumavano anche secche e servivano a fare zuppe, creme e polentine, anche rassodate come la sopravvissuta panissa di ceci (vedi qui ).
La crema di farina di fave era simile alla bobba di Carloforte (vedi qui ), che nell’isola è ancora popolare e si ottiene, anziché con la farina, con le fave decorticate, cotte in acqua fino a essere completamente disfatte, insieme a odori (origano e maggiorana) e verdure (secondo stagione, in estate di solito pomodori e zucchine, in inverno cavolo nero). A Genova la crema di fave e la favetta sono cadute in disuso. Oggi ci occupiamo della favetta, gemella della più fortunata panissa di ceci.
Ingredienti: 250-300 g di farina di fave secche, 1 litro d’acqua, sale qb, olio extravergine d’oliva, 1 cipolla
Preparazione
Versate la farina nel tegame in acqua già salata e intiepidita, stando attenti a non formare grumi, magari facendo cadere la farina attraverso un colino, e rimescolate. Poiché, come nella panissa di ceci, il rapporto tra acqua e farina può variare secondo la farina impiegata, e la favetta deve cuocere 45-50 minuti senza attaccarsi al tegame e rimanendo alla fine soda ed elastica, vi consigliamo di iniziare con mezzo litro d’acqua, tendo su un fornello vicino altra acqua in bollitura, da aggiungere alla favetta in caso di necessità. Trascorso il tempo necessario, controllate il sale e versate l’impasto in una ciotola unta d’olio. Lasciatelo raffreddare e solidificare. Quindi fatelo a tocchi, da mettere a rosolare in padella con un trito di cipolla. Gustate la vostra favetta ancora calda, magari con una Bianchetta del Golfo del Tigullio.
Placet experiri!