Stati generali dell’occupazione: le reazioni dei sindacati

Disponibilità a collaborare, ma si chiede coraggio e anche una regia più stretta a partire dalle "banalità" come per esempio una mappa di tutti i siti utilizzabili per investire sul territorio

Stati generali dell’occupazione: le reazioni dei sindacati

Da fare c’è tanto, quello che ci proposto la Regione è interessante, ma per dare un giudizio è troppo presto, perché da qui a ottobre occorre sedersi ai tavoli, definire percorsi e strumenti, nella speranza di non doversi vedere solo ai prossimi Stati generali. Questa in sostanza l’opinione di Cgil Cisl e Uil sugli Stati generali dell’occupazione organizzati dalla Regione Liguria a Palazzo Ducale, prima tappa di un cammino che a ottobre porterà a nuovi bandi che dovrebbero contribuire allo sviluppo delle imprese e alla creazione di nuovi posti di lavoro.

«Confido che l’evento di oggi sia il viatico per finalizzare entro fine anno un patto tra parti sociali e Regione Liguria sul lavoro», auspica il segretario generale della Cisl Liguria Luca Maestripieri, ma i passi da fare sono anche terra-terra: «Serve banalmente anche una mappatura delle aree e dei siti che potrebbero essere utilizzati per investimenti imprenditoriali – dice Mario Ghini, segretario generale della Uil Liguria – io non ne ho notizia». Se, come pare, Ibm e anche Ericsson (il ramo d’azienda non presente a Genova) sono tra coloro che stanno pensando a Genova come location per le loro attività, occorre anche agevolare i collegamenti con Aeroporto e l’accessibilità.

La Cgil chiede strumenti per aumentare l’occupazione, per migliorarne la qualità con particolare attenzione ai giovani e alle donne. «La leva non può che essere l’utilizzo mirato dei Fondi europei per fare politiche industriali ovvero orientare le scelte di investimento dei privati. La politica delle mani libere non ha funzionato».

Nelle relazioni di ieri qualche numero è stato dato, ma pochi, secondo Ghini, in relazione all’occupazione prodotta: «Per esempio l’assessore Gianni Berrino, citando il patto sul turismo, ha dato il polso della situazione su quanti contratti sono stati fatti, dobbiamo sapere qual è il ritorno degli investimenti in termini di posti di lavoro».

Le iniziative per le Pmi e le startup sono ben viste, ma per dare un scossa al mercato del lavoro in Liguria occorre ben altro, «per fare i duemila posti di Ilva quante gelaterie o macellerie servono? Anche lo stesso turismo – sottolinea Ghini – è spesso vincolato ad attività microimprenditoriali come affittacamere e bed & breakfast».

L’obiettivo è mettere a sistema quanto di buono è già stato fatto in collaborazione con la Regione: «L’accordo sul dissesto idrogeologico, il piano energetico, il patto sul turismo, Fincantieri».

Dopo 7 trimestri intanto è tornata a crescere l’occupazione. La Cgil Liguria, per bocca del suo segretario generale Federico Vesigna, chiede comunque un po’ di cautela, visto che i dati elencati da Marco Bucci proprio agli Stati generali dell’occupazione, si riferiscono al primo trimestre, con un confronto con il 2017 in cui si era registrato un -20 mila occupati. «Era difficile fare peggio – dice – anche perché non recupera quello che si è perso l’anno scorso ma comunque individua una tendenza che ci auguriamo che si consolidi nel corso dell’anno. Quello che non va bene è che a crescere è soprattutto l’occupazione precaria».

Vesigna evidenzia che si registrano sempre meno assunzioni a tempo indeterminato e sempre più assunzioni a termine, con una vera e propria esplosione dei contratti a chiamata, degli interinali e dei contratti stagionali.

«Se guardiamo ai dati del 1° trimestre 2018 ci sono 3 priorità: consolidare la crescita dell’occupazione perché mancano ancora 33.000 posti di lavoro per recuperare i livelli occupazionali precrisi. Migliorare la qualità dell’occupazione. Creare occasioni di lavoro per i giovani (nel 2017 è aumentato del 19% la percentuale dei neet) e aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro».

Il segretario evidenzia che la cancellazione dell’Irap alle imprese che si insediano in Liguria, istituita dal Growth Act, «non ha portato a nuove imprese nella nostra Regione. Abbiamo una grande opportunità che si chiama Aree di crisi complessa e non complessa che possono generare un’importante mole di investimenti sul territorio. Credo che sia giusto orientare l’utilizzo dei Fondi Europei verso quegli investimenti che sono in grado di creare maggiore occupazione con particolare riguardo alla qualità dell’occupazione creata. E poi bisogna creare le condizioni di competitività perchè le imprese scelgano di investire nel nostro territorio».

Secondo la Cgil manca una regia regionale sul trasporto pubblico locale, manca una regia regionale sulla gestione del ciclo integrato dei rifiuti e continuano a mancare gli impianti per chiudere il ciclo, «c’è bisogno di un diverso protagonismo da parte della Regione e bisogna soprattutto evitare le eccessive semplificazioni».

Inoltre Vesigna mette in guardia sul fatto che l’ingresso dei privati nei servizi per l’impiego non sia la panacea di tutti i mali: «I privati nei servizi per l’impiego di Genova ci sono da almeno 20 anni e tutte le statistiche ci dicono che se i centri per l’impiego pubblico soddisfano solo il 3% dell’incontro tra domanda e offerta i privati privati non fanno meglio.
E allora la soluzione non è più privato ma quale organizzazione ti dai nell’interazione tra pubblico e privato».

Sulla formazione Vesigna ha le idee chiare: «Non basta il catalogo dei corsi a sportello. Bisogna costruire una rete di relazioni tra mondo della scuola università e mondo delle imprese per programmare per tempo e con un minimo di respiro i fabbisogni formativi.
Non credo che tagliare 10 milioni di euro ai poli tecnico professionali come prevede la riprogrammazione del Fondo Sociale Europeo sia la scelta giusta. E soprattutto investire nelle nuove generazioni non può voler dire lasciare le mani libere sui tirocini estivi che stanno diventando un modo per fare lavorare gratis gli studenti sostituendo il lavoro stagionale. C’è poi una partita che riguarda i contratti di apprendistato. In Liguria sono poco usati ed è in calo la percentuale delle trasformazioni a tempo indeterminato, segno che il tessuto produttivo locale non scommette sulle nuove generazioni perché l’apprendistato più che come strumento formativo viene usato come strumento per ridurre i costi».

«Esiste un preciso impegno da parte del presidente Toti per questo patto che dovrebbe racchiudere tutela e creazione di occupazione, politiche attive per accompagnare le persone nella transizione tra un lavoro e l’altro e nella ricerca del primo impiego e naturalmente massima attenzione a sicurezza e salute – aggiunge Maestripieri che sottolinea un altro aspetto – l’impegno principale deve essere quello di realizzare politiche volte al lavoro con coraggio. Per crearne di nuovo e per preservare quello che c’è. Ma anche per il riscatto del “buon lavoro”: quello che si svolge in sicurezza e si deve affermare nelle dinamiche di crescita dell’economia reale della nostra regione».

 

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