Il Teatro Stabile di Genova non è stato inserito nella rosa dei “Teatri nazionali”. Ottavo posto, il primo dei non selezionati. Il Teatro diretto da Angelo Pastore fa parte dei teatri di interesse culturale insieme al Biondo di Palermo e allo Stabile di Catania. La notizia, arrivata ieri sera, ha stupito non poco, tanto che il Teatro stesso ha rilasciato una comunicazione pesante sulla notizia appresa “con stupore e indignazione”. Una decisione giudicata “inaudita non solo per la storia del Teatro Stabile di Genova, ma anche per la qualità professionale degli artisti e dei tecnici che al Teatro di Genova lavorano, per il riconosciuto valore artistico dei suoi spettacoli anche nel corso dell’ultimo decennio, per la trasparenza dei suoi bilanci da oltre un decennio in pareggio e per la considerazione nazionale e internazionale della sua Scuola di Recitazione da cui sono usciti e escono alcuni dei migliori attori delle ultime generazioni”.
L’Ente di piazza Borgo Pila rincara la dose: “Risulta evidente che tale scelta sia esclusivamente riconducibile a discutibilissimi criteri di natura geopolitica, che nulla ha a che vedere con l’alta valenza artistica e professionale, indiscussa e indiscutibile, di quanto si è fatto e si fa a Genova.
Da parte sua, il Teatro di Genova chiederà l’accesso agli atti della commissione preposta per conoscere come e perché si è giunti a tale assurda esclusione: offensiva per tutti coloro che nel teatro lavorano e producono con serietà”.
Anche Gianni Pastorino e Ivano Bosco, segretari generali della Slc Cgil Genova e Camera del Lavoro, parlano di scandalo: «Un’istituzione che è sicuramente una eccellenza di questa città, che ha formato decine e decine di attori teatrali e ha costituito per anni un punto di riferimento del panorama teatrale italiano. È uno schiaffo all’impegno di decine di lavoratori, tecnici, amministrativi, costumiste, attori che in questi anni hanno portato avanti, pur tra mille difficoltà di carattere economico, un percorso segnato da continuità e qualità. Ma appare anche uno schiaffo da parte del potere centrale nei confronti di Genova, della quale spesso vengono attaccate le maggiori istituzioni culturali, siano esse il Carlo Felice con la riduzione del Fondo Unico dello Spettacolo, oppure il Teatro dell’Archivolto, sempre in fondo nella graduatoria dei finanziamenti pubblici ai teatri privati, sia ora con il declassamento operato nei confronti dello Stabile di Genova». Il riferimento alla politica è fatto anche dalla Cgil: «Una scelta che dimostra il metodo di questo governo, che stranamente premia la teatralità Toscana, nella speranza forse da parte dell’attuale presidente del Consiglio di compensare lo sfracello che si sta facendo del Maggio Fiorentino, ma che dimostra anche la totale inadeguatezza della classe politica genovese, incapace di rappresentare in maniera corretta e tenace le proprie eccellenze artistiche».
Si muove anche la deputata del Pd Mara Carocci, che fa parte della commissione Cultura: «Ho depositato un’interrogazione urgente con la quale chiedo al ministro Franceschini le motivazioni di una scelta che appare sconsiderata e la possibilità che tale errata decisione sia corretta. Appare difficile comprendere le ragioni per cui il Teatro Stabile di Genova, sia stato escluso da tale lista pur continuando a produrre molto di più di alcuni teatri che, tuttavia, hanno avuto l’opportunità di rientrare nelle suddetta categoria».
I finanziamenti non dovrebbero diminuire: dovrebbe essere confermata la cifra di 1,850 milioni.
Nel dibattito intervengono anche Giovanni Lunardon e Alessandro Terrile, rispettivamente i segretari del Pd della Liguria e di Genova, che chiedono al governo un atto di responsabilità: « Lo Stabile di Genova risponde a tutti i requisiti richiesti dalla norma nazionale, e negli ultimi 50 anni ha ricevuto dal ministero il contributo più alto dopo il Piccolo Teatro di Milano, in ragione della qualità assoluta della sua produzione artistica e della sua scuola. C’è materia sufficiente per un ricorso in sede amministrativa per impugnare la decisione della commissione, ma noi riteniamo che il governo non possa rimanere inerte dinanzi a quello che consideriamo un clamoroso errore di giudizio, che non tiene conto della storia del Teatro né delle sue grandi attuali potenzialità».